I test, un venerdì lungo otto giorni

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
13 Marzo 2018 - 00:35
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Nell’ultima settimana si sono sprecate, ovviamente e giustamente, ondate di analisi sull’andamento dei test invernali di Formula 1. Succede tutti gli anni, quindi niente di nuovo sotto al sole. C’è un però: io non riesco ad avere tutte le certezze che leggo in giro. Soprattutto perché ne leggo di diverse anche rapportate allo stesso team e quindi il rischio di cortocircuito mentale è abbastanza marcato. Convincermi di due sentenze opposte relativamente alla stessa squadra non è sicuramente il modo migliore per mantenere una sanità mentale già precaria, ecco.

Quest’anno c’è chi dice che la Ferrari si è nascosta o chi sostiene che si deve già nascondere. C’è chi dice che la Mercedes ha già vinto il mondiale e chi sentenzia che deve avere paura della Ferrari. C’è chi scrive che la Red Bull si metterà in mezzo tra le altre due, senza però indicare chi sta davanti e chi dietro o viceversa. Che poi vabbè, detto così potrebbe sembrare anche che si stia parlando d’altro, ma tralasciamo le note hot.

È probabile che ognuno dei dieci team abbia pianificato tipi di lavoro completamente diversi. E, a meno di essere una mosca, conoscerli tutti in dettaglio è assolutamente impossibile. Inoltre, come sempre accade, i carichi di benzina sono ignoti, e questo rappresenta la variabile forse più importante nella valutazione di un giro. Bastano dieci litri in più nel serbatoio per cambiare opinioni e prospettive.

Basti pensare alla BrawnGP del 2009. Arrivò ai test da oggetto ignoto, completamente bianca e fresca di vernice senza sponsor. Surclassò tutti già dalle prove collettive ma nessuno ci credeva. Si pensava che Button e Barrichello girassero costantemente vuoti, manco esistesse il rifornimento in volo, per impressionare potenziali investitori. I quali poi arrivarono dopo che i due piloti presero a ceffoni tutto il resto della griglia già da Melbourne. Fu uno shock tremendo e solo in pochi avevano capito che quei due siluri bianchi non stavano scherzando per niente durante l’inverno.

Il 2018 ci ha portato otto giorni di test dei quali quattro fondamentalmente buttati, prestazionalmente parlando, a causa del maltempo che si è abbattuto su Barcellona. Gli altri quattro giorni, per fortuna, hanno permesso di lavorare in condizioni decenti. Ma si tratta pur sempre di sole quattro giornate, dalle quali secondo me è difficile trarre delle valutazioni certe ed inespugnabili. Ciò di cui ci si può fidare, ma nemmeno al 100%, riguarda l’affidabilità. Considerato il livello raggiunto negli ultimi anni non è stato sorprendente vedere pochissimi problemi tecnici. Questo è valso per tutti tranne che per la Mclaren, e qui arriviamo alla vera sorpresa: nessuno il 26 febbraio, ovvero il primo giorno dei test, avrebbe immaginato che le prove della MCL33 sarebbero state così travagliate a fronte del passaggio alla PU Renault. Al tempo stesso, nessuno si sarebbe aspettato che la Toro Rosso (ma sarebbe meglio parlare direttamente della Honda) avrebbe girato costantemente senza dare segni alcuni di cedimento. Questa, se devo trovare un punto che mi ha colpito, sembra la vera sorpresa dei test. Dal punto di vista delle prestazioni sarei sorpreso se Mercedes, Ferrari e Red Bull non fossero le tre migliori squadre: ma non chiedermi in quale ordine, non saprei dare alcuna risposta per i motivi di cui sopra. Piuttosto, se ero sicuro di ritrovare proprio la Mclaren lì in mezzo a giocarsela, per ora a causa dell’affidabilità precaria ho decisamente dei dubbi in più. Per il resto che si può dire? Tutti gli altri hanno macinato chilometri senza grossi problemi tecnici. La Sauber mi pare sia quella che ha dovuto affrontare più uscite di pista. Per logica potrebbe essere indicativo di una difficoltà nel guidarla, ma non mi azzardo sinceramente a dare spiegazioni. I raffronti con lo scorso anno lasciano il tempo che trovano, perché un mese prima dei test il Circuit de Catalunya è stato completamente riasfaltato. Nero come la pece. Ora di maggio vedremo come scenderanno i tempi.

Se devo fare un raffronto gli otto giorni di test somigliano ad un venerdì di gara. Si fanno prove di long run con questa gomma, poi con quella, poi si prova il giro veloce ma non si tira alla morte. Insomma, una giornata di prove libere spalmata non su tre ore ma su 64. E così come al venerdì sera il risultato va preso con le pinze anche per i test invernali bisogna considerare tante variabili prima di azzardare un pronostico. Dopo Melbourne alcune certezze verranno sbugiardate e chissà mai che alla seconda gara il risultato non possa essere opposto.

Per fortuna, comunque, anche per quest’anno l’attesa è finita e a parlare saranno i motori. Solo allora scopriremo chi ha lanciato il sasso tirando indietro la mano, chi si è avvicinato col pronostico e chi ha completamente sbagliato. Il lunedì post Australia sarà bellissimo, me lo sento.

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