Hailwood e un telaio italiano sulla Honda ufficiale

Storia
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di Andrea Ettori @AndreaEttori
3 Febbraio 2018 - 16:30
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Nel 1966 la nuova e potentissima 4 cilindri Honda, nonostante la presenza di Mike Hailwood, venne sconfitta da Giacomo Agostini con la MV 500cc 3 cilindri derivata dalla 350cc. Per la stagione successiva, la Casa giapponese decise che il titolo piloti non le sarebbe dovuto sfuggire assolutamente.

Per farlo, in Giappone decisero di incrementare ulteriormente la potenza del motore che spingeva la RC181, portandolo ad un valore di oltre 90cv a 12.600 giri al minuto. Se confrontato con quello della MV Agusta, che disponeva di 80cv a 12.000 giri, si può facilmente intuire quanto la moto giapponese fosse un vero concentrato di potenza e velocità, oltre a possedere un suono mostruosamente accattivante.

La necessità di Hailwood, che nel 1966 aveva vinto 250cc e 350cc senza partecipare alle prime gare della classe regina (errore strategico da parte di Honda), era quella di avere una moto molto più guidabile e precisa negli inserimenti in curva e soprattutto in trazione, come la MV. Tanti cavalli sarebbero stati utili, ma non decisivi per lottare contro Agostini.

Honda quindi decise di venire incontro al pilota inglese, realizzando un telaio che a detta dei tecnici giapponesi sarebbe stato più rigido del 30% rispetto a quello precedente, ma nemmeno questo riuscì a risolvere i problemi di maneggevolezza della RC181. Una situazione che Hailwood decise di prendere in mano personalmente rivolgendosi, senza interpellare la Honda, a telaisti specializzati.

La scelta, dopo varie prove, ricadde sull’artigiano italiano Antenore Belletti, proprietario insieme al figlio Stelio dell’omonima officina. Nel primo dopoguerra, padre e figlio iniziarono a lavorare in una officina di Milano a progetti di tipo aeronautico. Negli anni ’50 ci fu anche il passaggio al motociclismo, che ebbe nel progetto commissionato da Hailwood il punto più alto nella produzione di telai.

I Belletti realizzarono un telaio a doppia culla in tubolari d’acciaio al cromo-mobildeno in soli 16 giorni, recapitandolo direttamente al pilota inglese, pronto per essere utilizzato in pista.

La Honda con il telaio “made in Italy” cambiò radicalmente il proprio atteggiamento, diventando di colpo particolarmente maneggevole. Hailwood vinse nel maggio del 1967 il GP di Rimini, valido per la Mototemporada Romagnola, e nella prima prova del mondiale a Hockenheim ottenne il miglior tempo nelle prove. I tecnici Honda però non presero bene la nuova “modifica” portata da Hailwood senza nemmeno chiamarli in causa, decidendo di mettere il veto al nuovo telaio artigianale per tornare a quello originale realizzato da loro.

Una scelta che molto probabilmente fu decisiva per la sconfitta di Hailwood, in un mondiale dove sia lui che Agostini si divisero 5 vittorie a testa su 10 prove totali. Il pilota italiano, grazie ad un numero maggiore di secondi posti, e quindi ad una migliore regolarità su ogni tipo di tracciato che era mancata alla potentissima ma indomabile Honda, vinse il titolo nella classe regina.

Quella del telaio artigianale “Belletti” montato di nascosto su una Honda ufficiale è una storia d’altri tempi, totalmente irrealizzabile ai giorni nostri. Ma quello era un motociclismo clamorosamente romantico ed eroico.

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