Formula Pregiudizio

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
14 Gennaio 2018 - 01:30
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Audi, Renault, DS, Citroen, Jaguar, Venturi. Arriveranno in veste ufficiale Mercedes, BMW, Porsche. Basterebbe questo elenco per far capire quanto la Formula E, alla sua quarta stagione, stia facendo sul serio per proporsi come potenziale categoria Top nei prossimi anni. 

Eppure, in modo direttamente proporzionale all’aumento del suo interesse, non mancano le critiche per una serie che non viene digerita da una notevole fetta di spettatori e, anzi, viene denigrata e sbeffeggiata. Vetture, piloti, qualità delle gare e location sono i punti cardine del continuo scherno da parte di chi, forse, dovrebbe riflettere proprio su questi punti in modo più approfondito. Perché la Formula E, sotto alcuni aspetti, è al momento più genuina della Formula 1. Vado con ordine ad analizzare i vari punti.

“Piloti di seconda linea” | Parto dal pensiero più comune, ovvero che i piloti che corrono in Formula E siano tutti, indistintamente, delle mezze calzette. Eppure tra di loro c’è chi ha vinto tre volte la 24 ore di Le Mans come André Lotterer (e nella prima gara c’era anche Neel Jani, vincitore 2016), gente che nell’Endurance ha corso e corre come Di Grassi, Buemi, Kobayashi, Bird per citarne giusto alcuni, gente che quando era in F1 andava bene ed ora no perché corre con le macchinette. Non so, se mai un campione del mondo di F1 dovesse un giorno passare da questa parte sarei curioso di leggere i commenti. Stante il fatto che nessun pilota professionista meriterebbe di essere considerato banalmente scarso, visto che anche bendato e legato andrebbe più forte di tutti noi, compresi quelli che “mia nonna farebbe meglio”.

“Vetture ridicole” | Le Dallara costruite per la Formula E sono alla loro quarta stagione. Inizialmente alcune componenti come le batterie (fornite dalla Williams) erano standard, così come il gruppo powertrain-cambio-sospensioni posteriori, ora sviluppabile in proprio. Il campionato è giovane e in crescita, e forse si sottovalutano la tecnologia e lo studio necessario per permettere ad una monoposto elettrica di passare i 200 chilometri orari e di percorrerne 50, più o meno la metà di una distanza di gara con una delle due vetture, ad una media di 100 orari o più su tracciati cittadini; prendiamo come esempio Montecarlo, che la FE affronta su una parte del circuito F1 con una media in gara di circa 105/110 orari contro i 160 (a grandi linee) della massima categoria. Questo con gomme dure come il marmo che devono resistere per tutto il weekend e dal battistrada intagliato adatto anche alla pioggia. Tra un anno cambierà tutto, perché le vetture saranno in grado di coprire la distanza completa di gara rendendo la serie più vicina alle classiche che conosciamo. Anche se qui non ci sono pitstop a spezzare il ritmo. Come dite? Il sound è desolante? Beh, non che dal 2014 si senta molto di meglio da altre parti.

“Qualità delle gare” | Questo è il punto sul quale ho da dissentire maggiormente con chi porta avanti la critica. Il problema è che, cambio vettura a parte che come detto l’anno prossimo sparirà, le gare di Formula E sono molto più genuine di quelle di Formula 1. Non c’è il DRS a dopare i sorpassi e quindi questi te li devi sudare, come successo a Rosenqvist ieri con Buemi, come succedeva anche in F1 prima che venisse introdotta la porcata del decennio. Le gomme non sono a degrado controllato, non vengono richieste con specifiche atte a creare spettacolo. Qui una Michelin è dura tanto da coprire tutto il weekend senza problemi, che per certi versi è esagerato nell’altro senso ma ha un suo “vantaggio”, chiamiamolo così. Quello di obbligare i piloti a guidare puliti con macchine che, seppur a velocità modeste, scivolano da tutte le parti in curva e in frenata. Dal punto di vista del pilotaggio non mi stupirei se i piloti di seconda linea della FE facessero spesso più fatica dei supercampioni della F1. E infatti ci sono più errori, gare più combattute, controlli al limite ad ogni giro. Quindi è inutile lamentarsi dei trenini in gara perché questa Formula E, in termini di competizione tra piloti, è molto più vicina alla tanto decantata Formula 1 anni ’80 di quanto non lo sia quella attuale.

“Location” | La Formula E è una serie costruita per sponsorizzare una tecnologia in espansione e non per sviluppare aerodinamica o telai, e per farla conoscere si è puntato su tracciati cittadini in luoghi che la F1 si è sempre sognata: Londra, Parigi, Hong Kong, Berlino ad esempio. Posti che hanno richiamato pubblico e che ne richiameranno ancora. È ovvio che, con vetture dalle prestazioni ancora in fase di sviluppo, fosse sconveniente organizzare gare su tracciati che ne avrebbero minato inizialmente la credibilità, mentre dei cittadini stretti e tortuosi sono al momento la natura ideale di una serie come questa. Aspettiamo cinque, sei anni e magari dovremo ricrederci.

Con questo non voglio assolutamente dire che la Formula E sia migliore della Formula 1, ma credo che il tutto dipenda sempre dal come ci si pone di fronte a qualcosa di nuovo. Prima che nascesse ero scettico su questo tipo di serie, ma ho voluto darle il beneficio del dubbio. Alla quarta stagione i miglioramenti ci sono e la prospettiva futura è ancora migliore. Ma quel che colpisce è che le grandi Case, quelle che da anni snobbano la F1 o sono scappate dal WEC, si sono attrezzate per entrare a farne parte: si vocifera che il numero di monoposto possa aumentare in breve da 20 a 24. Anche le televisioni si sono mosse: in Italia da quest’anno Mediaset per il Digitale ed Eurosport per il satellite trasmettono Live. 

Insomma, “macchinette”, “minipimer” ma intanto la Formula E fa strada. E poi c’è sempre un concetto molto semplice che a volte basterebbe seguire: è rispettabile che un qualcosa possa non piacere ma, appurato questo, basta non seguire. Perché altrimenti criticare continuamente è provocazione fine a se stessa.

Immagine di copertina: @fiaformulae Twitter

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