Fernando e Le Mans: scelta oculata

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
31 Gennaio 2018 - 13:00
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Ieri ho letto un po’ i commenti all’ufficialità della partecipazione di Alonso all’intera stagione WEC in alternanza con la Formula 1, grazie anche ai calendari non coincidenti escluso il Fuji. 

Tra i tanti complimenti per la scelta di cimentarsi nell’ennesima categoria dopo la Indycar con la 500 miglia e l’IMSA con la 24 ore di Daytona qualche giorno fa, ci sono anche parecchie critiche. Che poi critiche non è nemmeno il termine adatto. Diciamo che c’è chi sottolinea la partecipazione alla 24 ore di Le Mans nell’anno in cui Toyota si presenterà come favorita d’obbligo, vista l’uscita di Porsche, come una specie di “vuoi vincere facile”. Ragionamento letto da più parti.

Oggettivamente, correre la 24 ore di Le Mans sull’unica Hybrid delle tre rimaste dopo le fughe di Audi e Porsche negli ultimi due anni rappresenta un aumento delle possibilità di vittoria. Sulla carta da almeno sei macchine in lotta ne restano di fatto due. Sulla carta, appunto, perché il 2016 insegna che una 24 ore di Le Mans la puoi perdere anche quando stai iniziando a stappare lo champagne ad un giro dalla fine. 

Detto questo, e ripensando alla carriera di Nando, si tratta di un’opportunità che sarebbe stato però stupido lasciar scappare, visto che l’obiettivo più o meno chiaro è quello di ambire alla Triple Crown; che, tra l’altro, viene identificata in modo diverso se si vuole considerare per la parte F1 la vittoria del mondiale invece che il solo GP di Monaco. Montoya, ad esempio, considerando il solo Principato dovrebbe solo aggiungere la classica della Sarthe per completare il quadretto. Alonso, mondiale o Monaco è a posto in entrambi i casi.

Opportunismo? Può anche starci: d’altronde trovatemi un pilota che vuole vincere una qualsiasi gara con una vettura scarsa. Quella è una difficoltà, non una necessità. E comunque non è scritto da nessuna parte l’ordine di arrivo della 24 ore di Le Mans 2018. È una gara che deve ancora essere corsa e che può regalare stavolgimenti in qualsiasi momento del giorno o della notte. Vincere facile è altro, sinceramente.

A parte questo, correre a Le Mans è finalmente una scelta oculata dopo che il primo ritorno in Renault del 2008 e quello in Mclaren nel 2015 hanno rappresentato due passi da gambero, che hanno minato diverse delle possibilità di Alonso di raccogliere più di quanto il suo palmares racconti. A Woking, col passaggio in Renault per quanto riguarda le PU, immagino rivedranno presto a podio lo spagnolo. Il triennio da incubo marchiato Honda rimane, comunque, un periodo lungo e nero che ha portato via anni buoni.

C’è anche da dire una cosa: Nando a Le Mans sarebbe probabilmente andato a correre prima, ma viste le ostruzioni di Dennis e di Bernie verso le fughe temporanee dei “suoi” piloti verso altri lidi forse il tutto non è stato agevole fino ad ora. Basti vedere con Hulkenberg: gli è scappato un anno, ha vinto Le Mans e l’anno dopo stranamente Baku è stata messa a calendario nello stesso weekend della 24 ore. 

Nonostante tutto, comunque, la fame da pilota di Alonso va sottolineata positivamente, e sembra che la tendenza a cimentarsi in più discipline stia riprendendo vigore tra i piloti attuali. A Daytona c’era davvero un bel parco partenti e non solo per la presenza dello spagnolo, che ha ovviamente catalizzato parte dell’attenzione e indirettamente dato in Europa maggior risalto alla classica americana, così come successo a maggio scorso con la 500 miglia. Come ambasciatore non c’è male, sicuramente. A lui, però sicuramente interessa altro.

Wait and see, diceva l’ex asociale finlandese.

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