Ferrari e tifosotti, cronologia di un disastro

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Tempo di lettura: 8 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
14 Ottobre 2016 - 09:30
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Umiltà e piedi per terra, umiltà e piedi per terra, umiltà e piedi per terra”. Questo detto, ormai ripetuto in maniera quasi monotona dal Team Principal della Ferrari Maurizio Arrivabene in quasi ogni week-end di gara, è il motto della scuderia di Maranello da un anno e mezzo ad oggi.

Ma quanto di vero c’è in questa frase, così pubblicizzata da media e tifosi anche alla luce delle ultime prestazioni della rossa? Per tentare di scoprirlo faccio un passo indietro, anzi due, partendo dal 2014.

Due stagioni fa la Ferrari vive un annata difficile, la peggiore degli ultimi 20 anni. Fernando Alonso e Kimi Raikkonen, di ritorno in Emilia dopo esserne andato via nel 2009, sono costretti a lottare con un mezzo nettamente inferiore alla Mercedes campione del mondo e anche alla Red Bull, unico team capace di sfruttare le uniche occasioni lasciate da Hamilton e Rosberg.

Daniel Ricciardo, nonostante una PU Renault non propriamente competitiva, vince 3 gare. Durante la stagione la Williams, grazie al motore Mercedes, diventa la terza forza del campionato relegando la Ferrari al quarto posto. Il vero problema della F14T è la mancanza di potenza che non le permette di lottare per le prime posizioni. Nonostante questo deficit Alonso conquista 2 podi, rischiando quasi di andare a vincere a Budapest grazie anche ad una strategia azzardata.

Lo spagnolo dimostra, così come nelle annate precedenti, di metterci molto del suo per colmare il gap con le vetture più veloci. A Maranello, però, non sono contenti dei suoi atteggiamenti e di qualche parola di troppo detta alla stampa. Inizia a circolare la voce che il vero problema sia l’asturiano, poco uomo squadra e troppo concentrato su se stesso. La separazione è inevitabile, con Alonso che firma per la Mclaren lasciando il suo sedile al 4 volte campione del mondo Sebastian Vettel.

Anche per il tedesco è un anno difficile, soprattutto per l’adattamento alle nuove vetture ibride così difficili da guidare rispetto alle Red Bull “mondiali”, che giravano quasi su un binario. Ricciardo lo mette quasi sempre dietro, portando lui alla Red Bull le uniche vittorie della stagione. Vettel, nel corso della stagione, passa da “pilota che vinceva solo grazie a Newey” a “l’unico che può far tornare la Ferrari vincente”. In quella stagione arrivano però anche altre novità, e non di poco conto.

Stefano Domenicali lascia il team dopo tanti anni, e al suo posto viene chiamato quello che a Mai dire Gol avrebbero chiamato “all’improvviso uno sconosciuto” Marco Mattiacci. Nel week-end di Monza, Montezemolo lascia la presidenza a Sergio Marchionne, che non risparmia critiche al suo predecessore nonostante i numeri di vittorie sia in pista che fuori siano da record.

A Novembre l’ultimo cambiamento nel team. Mattiacci viene sollevato dall’incarico di Team Principal (e dal quel giorno si sono perse le sue tracce) e al suo posto arriva l’ex uomo Marlboro, Maurizio Arrivabene. Bella presenza, modi da duro, a detta di molti anche lui insieme a Vettel è l’uomo giusto al posto giusto per risollevare la Ferrari.

Il 2015 inizia all’insegna della sobrietà, con il ritornello “umiltà e piedi per terra” che risuona quasi come uno spot elettorale. La nuova vettura, chiamata SF15-T, è fondamentalmente la stessa della stagione precedente (e qui molti lo dimenticano) con due novità; il muso più lungo ma soprattutto una PU competitiva. Il lavoro dei tecnici di Maranello è importante, con un netto miglioramento delle prestazioni ma soprattutto il ritorno alla vittoria.

Vettel vince 3 gare, sale spesso sul podio ed è l’unico ad avvicinarsi alla Mercedes ancora imprendibile rispetto agli avversari. La Ferrari diventa seconda forza del mondiale, aiutata anche dal netto calo delle Red Bull e anche delle Williams. Inizia ufficialmente la beatificazione di Vettel e di Arrivabene da parte dei media e di tanti tifosi. Il bomber, così chiamato da molti, Team Principal della rossa continua a ribadire ancora il solito spot elettorale, senza risparmiare dure critiche in diretta televisiva all’altro pilota (eh sì, perché esiste anche un altro pilota), Kimi Raikkonen.

La direzione è una sola, quella che porta a Sebastian Vettel. Così come capitato con Alonso, la Ferrari dimostra di non riuscire ancora una volta a puntare su entrambi i piloti, “sacrificandone” sempre uno. Intanto nel team arriva Allison dalla Lotus, ritenuto il direttore tecnico più bravo dopo Adrian Newey.

Dopo una stagione così positiva, il 2016 viene sponsorizzato come l’anno dell’aggancio alle super Mercedes. Una vettura completamente nuova, Vettel in formissima, Raikkonen confermato ma soprattutto la tanto decantata “squadra” sono i motivi per pensare ad una stagione da numeri 1. Iniziano i proclami: il presidente Marchionne, carichissimo anche per il bianco sulla nuova e innovativa (a detta loro) SF16-H, parla di Mercedes già raggiunta, nonostante nei test invernali il team argentato giri con gomme sempre più dure e con maggiori carichi di benzina.

Ad aumentare questo clima d’entusiasmo è anche la situazione di Fernando Alonso. Il binomio Mclaren-Honda è disastroso e costringe sia lui che il suo compagno Jenson Button a lottare per le posizioni di rincalzo. Punzecchiato spesso anche dai giornalisti, Fernando non si sottrae, anzi la sua frase “ero stufo di arrivare secondo, cambierò solo idea se vinceranno il mondiale ” scatena le ironie e anche le cattiverie più grandi nei suoi confronti.

Addirittura una nota giornalista/conduttrice televisiva viene sospesa dalla rete dopo aver offeso lo spagnolo su Twitter, qualche giorno dopo l’incidente durante i test di Barcellona nel 2015. In questo anno e mezzo il clima, soprattutto per colpa di molti addetti ai lavori (ma anche per i soliti leoni da tastiera) nei confronti dell’ex ferrarista è diventato paradossale. Incredibile come in pochi mesi chi prima lo adorava (solo per il colore della tuta) abbia dimenticato quanto lo spagnolo ha fatto nei suoi anni in rosso.

Inizia il campionato e la Ferrari sembra subito competitiva a Melbourne: solo una Safety Car rovina i piani a Vettel, che viene battuto dalle solite due Mercedes. Kimi si ritira dopo una bella gara facendo salire l’allarme affidabilità. Intanto il primo pronostico del presidente, che aveva promesso una rossa in prima fila, viene subito sbagliato. Il morale è comunque alto, addirittura qualcuno pronostica una Ferrari davanti alla Mercedes dopo la prima gara europea. Ma la realtà dirà altro.

In Bahrain Vettel rompe il motore in stile Schumi a Magny Cours ’96 durante il giro di ricognizione e in Cina, la gara successiva, si tocca al via con il compagno di squadra. La responsabilità cade su Kvyat, reo di essere stato troppo aggressivo al via, ma le immagini televisive scagionano il russo. Al contrario, a Sochi, è proprio il pilota Red Bull (all’ultima gara prima di essere sostituito da Max Verstappen) a centrare l’incolpevole Seb, che deve ancora accusare un colpo importante.

La vera occasione si presenta però in Spagna, quando le due Mercedes si eliminano al via a vicenda “regalando” un possibile successo alla rossa di Maranello. In realtà a cogliere l’occasione è la Red Bull, con Max Verstappen che va a vincere il suo primo GP. Questo week-end è il primo viatico importante della stagione.

La Ferrari vede gli avversari avvicinarsi, la Mercedes allontanarsi e i musi dei personaggi del team iniziano a essere più tirati. Iniziano a sorgere le prime perplessità, su un progetto che da vincente sembra essere già perdente. Nel frattempo Allison, colpito da un grave lutto famigliare, viene allontanato e il team viene lasciato senza una guida tecnica. Il suo posto viene preso da Mattia Binotto, proveniente dal reparto motori.

La stagione prosegue, i risultati faticano ad arrivare. Arrivabene (che intanto non è più Arrivabomber) risponde stizzito anche a qualche domanda dopo la fine di un paio di GP, mostrando la reale faccia di questa squadra. Parte ufficialmente l’era del passo gara della Ferrari. Infatti ogni venerdì durante le libere, per creare aspettative soprattutto nei tifosotti della domenica, si dice che la rossa è quasi a livello della Mercedes e forse superiore alla Red Bull.

L’entusiasmo però dura poche ore, perché al sabato ma soprattutto alla domenica i risultati sono mediocri. Chi invece dimostra di esserci ancora è il pilota dimenticato, cioè Kimi Raikkonen. Il finlandese lotta alla pari con il più quotato compagno di squadra e anche in qualifica, campo amico di Vettel, dimostra di essere anche più competitivo di Seb.

Al contrario il tedesco non ride quasi più, vittima di una situazione inaspettata e per certi versi non meritata. Dal 2014 Vettel ha vinto 3 gare, ma è soprattutto in questa stagione che ha dimostrato i suoi veri limiti. Pilota fantascientifico e velocissimo con una vettura al 100%, dimostra i propri difetti quando la situazione non è perfetta.

I tanti errori in partenza, ultimi in ordine quelli di Spa e Sepang, sono anche figli di aspettative troppo alte create intorno a lui e alla squadra. L’estate passa senza particolari acuti, ma con sempre meno trasparenza (o verità) da parte del team e dei media. La vettura non porta quasi mai sviluppi significativi e, anzi, quelli che vengono provati non funzionano.

In questi anni sono passati tecnici importanti, di livello assoluto, messi alla porta dopo un po’ di tempo e che paradossalmente cambiando team sono andati a vincere dei mondiali. A Maranello serve davvero l’umiltà, e non solo quella televisiva, per ripartire da zero e tornare ai vertici. I proclami devono fare spazio ai fatti e anche i vari addetti ai lavori dovrebbero aiutare team e tifosi nel riportare alla vera realtà delle cose una squadra che, per storia e blasone, non ha bisogno di bugie e mezze verità.

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3 Commenti su “Ferrari e tifosotti, cronologia di un disastro”
Miriam_alo02 dice:

Articolo molto bello! Finalmente si ha una panoramica di ciò che è veramente la Ferrari

Kevin Violi dice:

Davvero un bell’articolo, condivido pienamente.. dal 2010 si lavora sempre per la monoposto dell’anno successivo..

Toti Pacileo dice:

Analisi ineccepibile, un solo appunto, il motto della Scuderia Ferrari non è “Umiltà e piedi per terra”, bensì, “Stiamo lavorando sulla monoposto del prossimo anno”

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