“New Gold Dream (81-82-83-84)”

NASCARStoria
Tempo di lettura: 8 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
13 Febbraio 2019 - 09:00
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Questo articolo storico ha una genesi un po’ particolare. L’ispirazione è vecchia di molti mesi, tuttavia il tempo e le occasioni per scriverlo sono sempre mancati. Ma ora che inizia una nuova fase della McLaren, senza più Alonso e con due giovani come Sainz e Norris e con la presentazione della MCL34, è tempo di ritornare indietro nel tempo ancora una volta. Se nell’agosto scorso Gianluca Zippo aveva ripercorso l’ultima grande crisi del costruttore di Woking attorno alla metà degli anni ’90, io invece voglio tornare indietro al momento difficile precedente, seguito dalla rinascita che portò poi al dominio incontrastato della fine degli anni ’80.

Ed è qui che trova spazio la mia seconda ispirazione: 10 luglio 2018, piazzale del Castello di Udine. In concerto ci sono i Simple Minds. Alla finestra della mia camera, non troppo distante, arriva qualche suono ovattato dal sapore di anni ’80, periodo musicale da me sempre amato nonostante sia nato già negli anni ’90. E uno dei pezzi più famosi dei Simple Minds è “New Gold Dream (81-82-83-84)”, tratto dall’omonimo album del 1982. E la canzone parte in loop per quella serata, ma non solo, sul mio PC. Il pezzo è ancora nella mia mente quando il mese successivo Gianluca pubblica il suo articolo e, non si sa come, scatta l’illuminazione: quegli stessi anni sono le stagioni in cui la McLaren uscì dalla crisi della fine degli anni ’70 grazie a Ron Dennis, ma non solo. Insieme a lui c’era un progettista straordinario come John Barnard che introdusse un nuovo materiale in F1, la fibra di carbonio. E quindi, se i Simple Minds parlavano di “New Gold Dream”, è lecito dire che in McLaren si pianificava un “New Carbon Dream”.

1977-79: la crisi

James Hunt si laurea campione del mondo al Fuji nel 1976, ma il sogno di riconfermarsi dura poco. La nuova M26, destinata a sostituire la plurititolata M23, incontra fin da subito problemi tecnici e scende in pista solo a metà 1977. Hunt alla fine porta a casa tre vittorie e il quinto posto finale in campionato e la McLaren è terza nel mondiale costruttori grazie anche al contributo di Jochen Mass. L’anno successivo va ancora peggio. La Lotus sviluppa l’effetto suolo e la M26 affonda, Hunt arriva sul podio solo in Francia e il giovane Tambay ottiene i suoi stessi punti. In appena due stagioni la McLaren è scesa all’ottavo posto in campionato, Hunt lascia la scuderia e in pochi mesi anche la F1. Per il team serve una nuova guida da affiancare a Tambay e il pilota che arriva è John Watson, proveniente dalla Brabham. Sarà proprio il pilota nordirlandese a gettare le fondamenta della rinascita. Ma la strada è ancora lunga: nel 1979 vengono schierate tre vetture (M26, M28, M29) e 5 modelli diversi per un podio totale e il 7° posto finale nel costruttori. No, per l’inizio degli anni ’80 serve un cambio di rotta.

1980: il cambiamento

La Marlboro si è stufata e vuole dei risultati. La vittoria manca da ormai tre anni e le pressioni sul team manager Teddy Mayer si fanno sempre più pesanti. Alla fine è costretto ad unirsi ad una scuderia, sempre appoggiata dalla Philip Morris, della Formula 2: il Project Four Racing di Ron Dennis. La stagione però è già in corso e la vecchia M29 in versione C non può fare miracoli con Watson ed il rookie Alain Prost, anzi. 11 punti, zero podi, nono posto in generale (il peggiore risultato fra il 1968 e il 2014) e l’unica soddisfazione è quella di aver battuto la Ferrari, passata dalla storica T4 all’altrettanto storica – per i motivi opposti – T5.

1981: la rivoluzione

Con Ron Dennis arriva in McLaren anche John Barnard e subito si mette al lavoro sulla futura MP4 (solo in seguito rinominata MP4/1). Alla base del progetto c’è il telaio in fibra di carbonio, una novità in Formula Uno e realizzato negli stessi mesi della discussa, ma altrettanto innovativa, Lotus 88. Intanto però si inizia la stagione con la ormai vetusta M29 in versione F (non si sa dove siano finite sia la D che la E, sia la M30 portata in pista a fine 1980 da Prost). E il neoarrivato De Cesaris raccoglie a Imola l’ultimo punto della seconda – la prima fu quella con ancora Bruce alla guida – era della McLaren. Poi arriva lei.

Dopo quattro gare di rodaggio la MP4/1 inizia a raccogliere i frutti con Watson: terza a Jarama nel trenino guidato da Gilles Villeneuve, poi è seconda a Digione e infine in casa a Silverstone arriva una vittoria che al team mancava dall’ottobre del 1977. Alla fine della stagione c’è un sesto posto nel mondiale che lascia ben sperare per il futuro. E’ nato il “New Gold Dream”.

Infine, il nuovo telaio in carbonio realizzato materialmente da Steve Nichols e dalla Hercules, oltre che competitivo si rivela molto sicuro, dato che lo stesso Watson esce senza conseguenze fisiche dopo un incidente in uscita dalla seconda curva di Lesmo al GP di Monza mentre viaggiava a circa 225 km/h.

1982: di nuovo competitivi

Lo sappiamo bene, il 1982 è un’annata anomala. La Ferrari è la vettura più forte (tant’è che vince il mondiale costruttori), ma i drammi di Villeneuve e Pironi la privano del titolo piloti. Così le vittorie vengono divise fra una manciata di piloti e costruttori. Rosberg vince di regolarità ma Watson è in corsa fino al gran finale di Las Vegas dove cede per soli cinque punti, pagando molto caro i sei zeri consecutivi estivi dopo le vittorie di Zolder e Detroit. Anche il ritorno di Lauda dopo il primo ritiro vede due vittorie (Long Beach e Brands Hatch) e l’austriaco è quinto in campionato. Cinque sono anche i punti di distacco della McLaren dalla Ferrari e dunque il secondo posto nel mondiale rappresenta la vera rinascita della casa di Woking.

1983: problemi di crescita

In ogni processo di sviluppo c’è un particolare che non va come sperato. E succede anche per la McLaren. La MP4/1C, come si deduce, è uno sviluppo della vettura di due anni prima e soffre, specialmente a serbatoi scarichi, a causa del motore Ford Cosworth V8. I simboli della prima fase della stagione sono Long Beach e Monaco: in California Watson e Lauda si qualificano 22° e 23° a 4” dalla pole, ma in gara completano la rimonta più epica della storia della F1 andando a conquistare la prima doppietta del team dal 1968.

A Montecarlo tuttavia i posti in griglia sono solo 20 (e non 26) e dopo la prima sessione del giovedì i due (a posizioni invertite) sono ancora 22° e 23° a 5” dalla Renault turbo di Prost. Il sabato viene giù il diluvio e il team fa le valige per l’Inghilterra: è la goccia che fa traboccare il vaso. Tre mesi più tardi a Zandvoort Lauda porta in pista la “nuova” MP4/1E motorizzata TAG-Porsche. E il fatto che a far debuttare il modello unico sia l’austriaco è già il sintomo che Watson non farà più parte del progetto McLaren l’anno successivo. Infatti a sostituirlo sarà il rientrante Prost che è in rotta di collisione con la Renault, fatto che avrà come culmine il mondiale perso dal francese a Kyalami.

1984: il trionfo

La macchina nuova, la MP4/2, c’è. Due piloti fortissimi come Lauda e Prost, pure. Il motore turbo, il già citato TAG-Porsche V6 da 1.5 litri, anche. La scuderia è collaudata e pronta a vincere. Ma non si limita a questo, anzi, domina la stagione – anche se il 1988 rimetterà in discussione la definizione di dominio. 12 vittorie in 16 gare, 143.5 punti in generale contro i 57.5 della Ferrari seconda. Non è ancora la perfezione (sono solo quattro le doppiette, tanti i ritiri), ma basta e avanza per vincere il primo titolo piloti dal 1976 e il primo costruttori dal 1974. Il resto si riduce ad un duello fra Lauda e Prost che si risolve all’ultima gara all’Estoril. Niki ci arriva con 3.5 punti di vantaggio sul francese ma le qualifiche sono un disastro ed è solo 11°. Deve arrivare secondo per avere la certezza di conquistare il campionato e pian piano risale la classifica, come forse solo lui sa fare. A metà gara è terzo, ma staccatissimo da Prost e Mansell e quanto guadagna sull’inglese ad ogni tornata non basta. Poi al 52° giro i freni della Lotus vanno ko e Niki può gestire la vettura fino al traguardo nonostante la rimonta di un giovane Ayrton Senna. Mezzo punto, tanto gli basta per vincere il terzo titolo in carriera. Sul podio arriva il passaggio di consegne fra Lauda (Niki e la moglie Marlene) e Prost. Il “New Carbon Dream” è stato completato in appena quattro anni: 81-82-83-84.

1985-1991: dominio assoluto

Contando anche il 1984, da qui fino al 1991 la McLaren conquisterà 13 titoli, 7 piloti e 6 costruttori, e 64 vittorie in 128 gare. Un dominio frutto di Prost e Senna (e dei loro compagni di squadra ovviamente), dei motori TAG-Porsche prima e poi Honda, ma soprattutto della rinascita dopo la prima grande crisi, una rinascita affidata a Ron Dennis, John Barnard e a quel sogno futuristico chiamato carbonio. Ora la speranza è che la McLaren rinasca per la terza volta dalle sue ceneri e torni a lottare per podi e vittorie.

Immagini: jalopnik.com (fonte McLaren); Sauro Torreggiani per p300.it; LAT Images; The Cahier Archive; internet (per segnalazione copyright: info@passionea300allora.it)

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