F1 | La “prevedibilità” e la storia degli ultimi trent’anni

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Tempo di lettura: 6 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
21 Agosto 2018 - 13:08
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Tra le motivazioni emerse dall’addio di Fernando Alonso alla Formula 1 c’è anche quella della prevedibilità del Circus: quel sapere già all’inizio dell’anno, addirittura dai test invernali, chi vincerà il mondiale o quale sarà, comunque, la vettura migliore.

Per capire se questa storia della prevedibilità, tra l’altro già discussa in passato, ha un fondamento o meno, ci siamo affidati alle statistiche. Abbiamo così recuperato i dati dei campionati scorsi per vedere quanti team hanno vinto almeno una gara nell’arco di una singola stagione, elemento che non indica a priori una chiara potenzialità di vittoria del titolo ma che comunque dà una minima idea del rapporto di forze all’interno di un campionato.

Relativamente agli ultimi trent’anni, il termine che abbiamo fissato per questa analisi, il quadro è piuttosto chiaro tanto da farci dire che, se intendiamo come prevedibilità il fatto di sapere chi vincerà il titolo o quali sono le vetture che se lo giocheranno, c’è poco spazio per i dubbi. La prevedibilità in senso stretto c’è sempre stata, in misura maggiore o minore. Ma andiamo con ordine. 

Negli ultimi trent’anni, come si evince da questa tabella, per ben sei volte le vittorie sono state ripartite tra due soli team: 1988, 2000, 2007, 2014, 2015, 2016. Approfondendo questo aspetto si può comprendere però come solo in due tra queste sei stagioni il titolo sia stato in bilico fino all’ultimo, nel 2000 e nel 2007 tra Ferrari e Mclaren; quest’ultima con Alonso tra i contendenti. Negli altri quattro anni, in realtà, si sapeva già quale sarebbe stato il team vincitore. Nel 1988 solo il qui pro quo nel doppiaggio di Senna a Schlesser a Monza ha evitato un clamoroso 16 su 16 della Mclaren. Tra il 2014 ed il 2016 la percentuale di vittorie Mercedes sul totale delle gare, oscillante tra l’84 ed il 90%, parla da sé.

Andiamo avanti: nelle ultime trenta edizioni del mondiale per quattordici volte almeno tre team hanno vinto una corsa. Il che non significa assolutamente che tutti e tre si siano giocati il titolo, anzi. Infatti, in undici occasioni il terzo team ha vinto giusto una sola corsa in stagione, la maggior parte delle quali (8/11) in modo assolutamente rocambolesco. Partiamo dall’unica vittoria Benetton del 1991 a Montreal, tra l’altro l’ultima in carriera di Nelson Piquet, giunta all’ultimo giro dopo il clamoroso ritiro di Nigel Mansell. Passiamo a quella di Jean Alesi nel 1995, sempre in Canada, frutto in gran parte dei problemi della Benetton di Schumacher. Abbiamo poi quella pazzesca della Ligier a Monaco 1996 con Olivier Panis con quattro monoposto all’arrivo, quella di Damon Hill a Spa nel 1998 dopo il botto Schumacher/Coulthard, o ancora quella della Ferrari ad Indy 2005 con sole sei vetture in pista. Nel 2006 Jenson Button vince con la Honda la sua prima gara di carriera in Ungheria dopo l’harakiri doppio di Schumacher ed Alonso, mentre la Rossa ottiene un una tantum regolamentare nel 2011 a Silverstone proprio con lo spagnolo contro lo strapotere Red Bull. Le altre tre stagioni con una sola vittoria appannaggio di un terzo team sono: 1992 (Spa, Benetton, Schumacher), 1993 (Estoril, Benetton, Schumacher) e 1994 (Hockenheim, Ferrari, Berger). Quest’ultima vittoria “aiutata” dal ritiro del tedesco e dai problemi di Damon Hill, ma va ricordata comunque la prima fila Ferrari in qualifica.

Proseguiamo con le stagioni in cui quattro team hanno vinto almeno una gara. Sono otto, di cui sette in cui la quarta squadra ha portato a casa proprio un solo successo: escluse le due vittorie Williams del 1990 abbiamo infatti 1989, 1997, 1999, 2003, 2004, 2009, 2013. Quella di Alessandro Nannini nell’89 a Suzuka, lo sappiamo bene, fu frutto della squalifica di Senna dopo lo scontro con Prost ed il rientro penalizzato per il taglio di chicane. Saltiamo al 1997 con l’ultima in carriera di Gerhard Berger ad Hockenheim con la Benetton. Nel 1999 al Nurburgring si corre una gara ad eliminazione ed alla fine la spunta la Stewart di Johnny Herbert. Abbiamo poi la prima di Fernando Alonso a Budapest nel 2003 con la Renault, l’ultima del decennio della Williams ad Interlagos nel 2004 con Montoya, ancora l’ultima di Kimi Raikkonen con la Ferrari nel 2009 a Spa ed è sempre il finlandese a chiudere la lista con la vittoria nella prima gara del 2013 a Melbourne con la Lotus.

Infine ci sono due super eccezioni. Nel 2008, in una stagione nella quale Ferrari e Mclaren si giocano il mondiale fino all’ultimo respiro, c’è spazio anche per due vittorie Renault con Alonso, la prima ed unica di Robert Kubica a Montréal con la BMW e la prima di Sebastian Vettel a Monza con la Toro Rosso. Sono cinque i team che vincono almeno una gara in un mondiale, comunque, segnato dal duello tra Hamilton e Massa. 

Nel 2012 si arriva addirittura a sei team vincitori. Oltre a Red Bull e Mclaren con sette vittorie e Ferrari con tre ci sono Mercedes, Lotus e Williams con una. In due casi si tratta di una prima, con Nico Rosberg che ottiene la prima vittoria personale e dal ritorno della Stella a tre punte, in Cina a bordo della W03, mentre In Spagna arriva la prima ed unica per Pastor Maldonado e, contemporaneamente, l’ultima della Williams in Formula 1. Kimi Raikkonen è invece vincitore ad Abu Dhabi con la Lotus, nell’anno del ritorno nel Circus dopo due stagioni di assenza. Parlando degli anni antecedenti al periodo analizzato, solo nel 1982 si sono avuti più team vincitori nello stesso anno, ben sette. 

In questa carrellata di numeri e ricordi si evidenzia soprattutto un dato, ovvero che il mondiale di Formula 1 degli ultimi trent’anni non ha visto quasi mai tre team in lotta per i titoli mondiali. Solo nel 2003 e nel 2010 si è arrivati agli ultimissimi appuntamenti con piloti di tre team diversi in grado di lottare per il campionato.

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Estraniandosi dal numero di team vincitori durante la singola stagione, la storia racconta di diversi anni in cui era chiaro già dal principio quale team avrebbe conquistato i titoli. Il biennio 1988/1989 Mclaren, le annate 1992/1993/1996 della super Williams, il 1995 della Benetton. Passando al decennio successivo il 2001/2002/2004 della Ferrari ed il 2009 della BrawnGP. Fino ai giorni nostri in cui Red Bull nel 2011/2013 e Mercedes nel triennio 2014/2016 hanno ammazzato la concorrenza. 

Che gli ultimi due grandi cambi regolamentari del 2009 e del 2014 abbiano promosso l’apertura di cicli quasi inarrestabili e prevedibili è un dato di fatto, anche se (è bene ricordarlo) la Red Bull nel 2010 e 2012 si è giocata il titolo all’ultima gara. Sostenere che quella della prevedibilità sia però tendenza solo recente è sbagliato, perché la storia degli ultimi tre decenni racconta uno scenario ben diverso. 

Andando ancora indietro negli anni, nel periodo non preso in considerazione, si nota una ripartizione delle vittorie più equa: stagioni dominate da uno o due team alternate ad altre caratterizzate da tre o quattro team vincitori e magari con più di una vittoria, come nell’81 (Williams 4, Brabham e Renault 3, Ligier e Ferrari 2, Mclaren 1) e nel ’74 (Mclaren 4, Ferrari, Brabham e Lotus 3, Tyrrell 2). Per trovare un po’ più di imprevedibilità bisogna quindi partire dall’inizio degli ’80 ed andare a ritroso, ma non è probabilmente il periodo al quale Alonso si riferiva parlando del suo addio. 

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2 Commenti su “F1 | La “prevedibilità” e la storia degli ultimi trent’anni”
Lucifero Regazzoni dice:

Aggiungo una postilla circa la prevedibilità. Per uno sportivo non può che essere qualcosa di completamente avulso, una cosa totalmente slegata dalla concezione della disciplina che professa. Insomma, un dato che non va minimamente preso in considerazione. Nello sport vince il più forte, il migliore, e se la statistica del vincente è monotona pazienza, riflette comunque il giusto risultato di una competizione. Non avrebbe senso falsare il format delle gare per aumentare lo spettacolo, per renderlo meno prevedibile, questa è una distorsione abominevole tipica solo dell’universo F1. Usain Bolt ha vinto 8 medaglie d’oro alle olimpiadi e 11 ai mondiali. Michael Phelps ha vinto 23 ori olimpici e 26 ai mondiali. E per entrambi gli atleti non ho contato i secondi piazzamenti. Erano i migliori: hanno vinto! La Juventus vince il campionato da 7 anni di fila (e spero anche quest’anno). Si guardi l’albo d’oro della Liga in Spagna, che impatto hanno Barcellona e Real Madrid? E, tornando ai motori: un certo Agostini Giacomo nel 1968, nel 1969 e nel 1970 vinse tutte le gare delle classi 500 e 350 nel motomondiale. Lasciamo perdere i 15 titoli mondiali: questo, per tre anni di fila, è stato l’unico vincitore in due categorie! Cosa c’è di strano? Di sbagliato? Quante polemiche hanno fatto in questi sport perché la vittoria è prevedibile? Quante volte si è pensato di stravolgerli, perché i risultati non fiancheggiavano l’ossessione per lo spettacolo?

Lucifero Regazzoni dice:

Alonso è semplicemente stanco di non avere una vettura competitiva, e di non poterla più avere, perché nessuna scuderie con una monoposto veloce vuole averlo al volante. Il resto sono giustificazioni orgogliose, che esprimono una disillusione diversa da quella comunicata apertamente: l’evidenza che, per una serie di ragioni, la sua carriera in Formula 1 è finita da tempo, e non è il caso di continuare a prolungarla rantolando nella mediocrità.
Fernando, intendiamoci, è sempre stato un signor pilota. Un campione! Uno profilo che non mancherà al circus, solo perché stava già mancando in questi anni, in cui non è riuscito ad esprimersi al meglio a causa di pessime Mclaren.
Ha vinto due mondiali, forse pochi, probabilmente avrebbe meritato di vincerne almeno un altro. Tuttavia, pur apprezzandolo tantissimo come pilota, e riconoscendo che non sfiguri affatto se paragonato a Vettel o Hamilton, forse, rispetto a questi due mietitori di vittorie, qualcosa gli è mancato… E non certo il talento o la perizia nella guida.

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