F1 | “La Indy non fa molto per la sicurezza”. Massa attacca, è bufera sul web. Una breve analisi

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Tempo di lettura: 7 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
28 Agosto 2018 - 16:04
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È partita inaspettata nel pomeriggio di ieri una polemica sull’asse F1 – Indycar da parte di Felipe Massa, attuale presidente della Commissione Kart della FIA e futuro pilota di Formula E nel team Venturi. Il brasiliano ex F1 si è scagliato su Twitter contro la serie americana con un messaggio che ha sollevato e sta sollevando in queste ore ampie critiche da parte del web, inclusa la stessa controparte della Indycar che non ha mancato di far presente il suo disappunto.

Il messaggio dal quale tutto è partito è il seguente: 

“Quando si vedono gli incidenti di questi ultimi anni in F1 ed Indycar, possiamo dire che la F1 cerca sempre di migliorare la sicurezza (con Halo, modifiche ai tracciati, Virtual Safety Car) mentre la Indycar non sta facendo molto…

Ed ancora:

“È incredibile vedere un circuito come Pocono, con medie intorno ai 360km/h con muri così bassi e reti così pericolose per la sicurezza. Mi spiace dirlo, ma devono preoccuparsi della sicurezza dei piloti.”

Nella mattinata odierna Massa ha ribattuto ad una delle tante risposte che gli sono arrivate, da parte di Dario Franchitti, rincarando la dose.

“Fratello mi spiace dirlo, ma il lavoro deve essere ancora più duro da parte della Indycar per migliorare la sicurezza. Se vedi quanti piloti sono rimasti feriti negli ultimi anni, sono stati fatti davvero pochi cambiamenti per migliorare. Spero che le cose migliorino nella giusta direzione per la sicurezza dei piloti.”

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Viene spesso scritto che i confronti tra categorie non dovrebbero essere mai fatti. Se dal punto di vista delle emozioni trasmesse da corse diverse non c’è nulla di indicato, poiché si parla solo di sensazioni e spettacolarità, in questo caso il confronto sembra davvero molto tirato.

Partiamo dalla frase che più sta irritando il mondo della Indycar, quel “La Indycar non sta facendo molto…” . Come ampiamente suggerito da molte delle risposte pervenute al brasiliano, si tratta di una sentenza errata. Ad esempio la Indy sta lavorando da tempo all’introduzione dell’Aeroscreen, già provato due volte: una prima in diverse condizioni di luce (sole, tramonto, sotto i riflettori) con Scott Dixon a Phoenix

ed una seconda con Josef Newgarden ad Indianapolis. Dal video si notano anche le pellicole Tear-off montate sul cupolino.

In Indycar l’introduzione dell’Halo non è compatibile con i tracciati ovali per i motivi visibili in questo video, pertanto si è dovuta cercare una soluzione alternativa che comporta studi maggiori, sia dal punto di vista della visibilità del pilota sia da quello del ricircolo d’aria all’interno dell’abitacolo. Test mai svolti (e forse mai voluti) in F1, dove si è preferito Halo a prescindere visti i molteplici test effettuati con il dispositivo attuale rispetto alle due brevi uscite con lo “Shield”. Halo che, come abbiamo visto nel caso di Charles Leclerc, è stato utile nel deviare la ruota della Mclaren di Fernando Alonso ma che, ad esempio, non avrebbe salvato con la stessa certezza assoluta Massa dalla molla che lo ha colpito all’Hungaroring nel 2009, mettendo fine alla sua stagione. Una delle critiche su Halo, infatti, riguarda la non efficacia con piccoli detriti, casistica invece coperta dall’Aeroscreen. Il tutto senza contare che la soluzione studiata dalla Indycar batte dieci a zero quella volgarmente chiamata “infradito” per quanto riguarda l’estetica: dettaglio non importante visto che si parla di sicurezza, ma ricordiamo bene le critiche feroci sul dispositivo adottato in F1 in questi anni.

Quella dell’Aeroscreen è una modifica importante su cui la Indycar sta lavorando da molto tempo, soprattutto dopo quanto successo a Justin Wilson tre anni fa. Ma non va dimenticato che proprio alla Indy, sotto questa denominazione e quelle precedenti, è dovuta l’introduzione di una serie di misure di sicurezza che solo successivamente sono state adottate anche in Formula 1. Come ricordato dal nostro Andrea Gardenal in un tweet in risposta proprio a Felipe Massa.

Collare Hans, barriere SAFER / TecPro, Pit Limit e Safety Car sono concetti apparsi prima in USA che in F1. Non dovrebbe essere necessario ricordare, tra l’altro, che l’imposizione di un limite di velocità in corsia box è arrivata solo dopo le tragedie di Imola 1994. A proposito delle SAFER barriers, invece, è notabile come queste siano state introdotte negli ultimi anni anche in circuiti di F1 tra i quali Interlagos (2010, curva 14), Baku (curve 13/19, 2016) e Montréal (curva 5, 2017). In riferimento proprio al circuito intitolato a Gilles Villeneuve, possiamo ricordare l’incidente di qualche mese fa avvenuto nel corso del primo giro tra Brendon Hartley e Lance Stroll, nel quale proprio la barriera SAFER ha fatto il suo lavoro.

Sempre con riferimento a questo incidente si nota anche il particolare della Toro Rosso che si solleva lateralmente nello scontro con la Williams, scavalcando per pochi attimi le stesse barriere. Qui ci si può allacciare al discorso effettuato da Massa riguardo l’altezza delle barriere SAFER, ritenuta inadeguata da parte del brasiliano. A tal proposito è necessario sottolineare che tutti gli incidenti degli ultimi anni con monoposto finite oltre il limite delle barriere, e quindi sulle reti, sono dovuti allo scontro con effetto trampolino tra due vetture. L’incidente mortale di Dan Wheldon a Las Vegas 2011 e quello di Robert Wickens a Pocono di due settimane fa sono stati infatti caratterizzati da uno scontro che ha portato una delle monoposto ad alzarsi in volo. È andata molto meglio, nonostante la spettacolarità dell’incidente, a Scott Dixon ad Indianapolis nel 2017, con la monoposto spezzata in due dopo aver “usato” la vettura di Jay Howard come trampolino per un volo di decine di metri.

Casistica, ad esempio, simile a quella di Mark Webber a Valencia nel 2010, con la Red Bull in aria dopo essersi scontrata con la Lotus/Caterham di Kovalainen. In questo caso all’australiano è andata di lusso, perché con solo un paio di metri più a sinistra la Red Bull sarebbe finita sulle reti con una modalità pressoché identica a quella criticata da Massa in Indycar.

È necessario sottolineare che migliorare si può e si deve sempre al fine di salvaguardare l’incolumità dei piloti sebbene, come sappiamo, il rischio sia sempre e comunque parte del Motorsport. Le reti sono un problema e si sa, ma lo sono per tutti. Nel Gran Premio d’Australia 2001 un commissario, Graham Beveridge, è morto dopo essere stato colpito da una ruota della BAR di Jacques Villeneuve, volata in aria dopo essersi scontrata con la Williams di Ralf Schumacher nello stesso punto dove, nel 2016, Fernando Alonso ha rischiato la vita. L’altezza dei muretti non sembra molto diversa tra quanto vediamo in F1 ed in Indycar. E non necessariamente alzare le barriere SAFER, come lasciato intendere da Massa, può essere una soluzione. Una monoposto, infatti, potrebbe essere respinta in pista mentre altre sopraggiungono creando disastri come quello di Alex Zanardi nel 2001.

L’attacco di Massa pare gratuito e poco mirato anche perché confronta situazioni totalmente diverse come la F1 e le gare sugli ovali, nelle quali le dinamiche sono totalmente diverse ed il rischio di incidenti ben più alto. Lasciare intendere una mancanza di impegno da parte di un mondo che, comunque, gode di risorse economiche ben minori rispetto alla F1 non è positivo per il motorsport intero. Anche perché, volendo essere pungenti, se la F1 tiene così tanto ai suoi piloti bisogna ricordare che Suzuka 2014 non è tanto lontana. E chi c’era, tra gli altri, a lamentarsi via radio intensamente durante quella gara? Proprio lui, Felipe Massa:“I was already screaming on the radio five laps before that there was too much water on the track but then they just took a little bit too long and it was dangerous”. 

“Stavo urlando via radio cinque giri prima (l’incidente, NDR) che c’era troppa acqua in pista ma loro hanno aspettato troppo ed è stato pericoloso”.

Seguono alcune delle risposte ricevute in queste ore.

 

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