F1 | GP Spagna 2019: l’analisi della gara di Barcellona

F1GP SpagnaGran Premi
Tempo di lettura: 20 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
16 Maggio 2019 - 23:36
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Il Gran Premio di Spagna ha consegnato alla Mercedes la quinta doppietta consecutiva nelle prime cinque gare della stagione. Un regalo sicuramente apprezzato da Dieter Zetsche, alla sua ultima da gran capo della stella a tre punte, così come un punto basso per la Ferrari e per la Formula 1 stessa, che si trova a dover far fronte ad un dominio che qualcuno definisce preoccupante.

La gara di Barcellona, con ogni probabilità l’ultima visto l’annuncio del ritorno nel mondiale del GP d’Olanda a Zandvoort, ha esaltato la W10 di Hamilton e Bottas con il primo che ha portato a casa la vittoria numero 76 della carriera ed il finlandese che cede, in questo turno, la testa del mondiale al compagno dopo un’impressionante pole position al sabato. Dopo cinque appuntamenti la classifica del mondiale vede l’inglese campione in carica in testa con 112 punti contro i 105 del compagno, frutto di tre vittorie contro due e rispettivi secondi posti. 

Gli aggiornamenti portati dalla Ferrari al Montmelò non hanno sortito gli effetti sperati, con una SF90 che si è dimostrata carente nel lento (forse più di quanto lo sia davvero) e globalmente più lenta della Mercedes nel passo gara. A preoccupare, oltretutto, c’è la Red Bull: Max Verstappen è in forma smagliante e per la seconda volta si mette dietro entrambe le Rosse conquistando un altro brillante podio. Dei tre top team è proprio l’austriaco quello in cui emerge nettamente la differenza tra i due piloti, con Gasly che non riesce ancora ad emergere alle spalle dei primi cinque.

La Haas si riprende su un tracciato completo dopo due appuntamenti disastrosi, mentre continua a deludere la Renault. A spartirsi i punti rimasti al Montmelò ci pensano McLaren con Sainz e Toro Rosso con Kvyat. Male le Alfa e la Racing Point, non pervenuta come al solito la Williams.

QUALIFICHE 2019 vs 2018

Le qualifiche 2019 vedono tutti i team migliorare i loro tempi 2018 tranne la Renault, sopra di tre decimi. La squadra che ha fatto meglio di tutte rispetto al 2018 è l’Alfa Romeo, con un secondo e un decimo in meno nella differenza tra il tempo di Charles Leclerc di un anno fa e quello di Kimi Raikkonen delle ultime qualifiche. Tutti gli altri team si sono mantenuti all’interno del secondo di differenza con la Ferrari che, anche questa volta come in Azerbaijan, è in fondo alla classifica nei miglioramenti. Tra le monoposto che hanno abbassato il loro tempo la SF90 è quella col minor margine, solo 33 millesimi tra l’1:16.305 del 2018 e l’1:16.272 del 2019, sempre ad opera di Sebastian Vettel. Il resto della griglia ha migliorato almeno di tre decimi:

Alfa Romeo | -1.122
Toro Rosso | -0.890
Racing Point | -0.810
Mercedes | -0.767
Haas | -0.765
Williams | -0.623
Red Bull | -0.459
McLaren | -0.383
Ferrari | -0.033
Renault | +0.316

Inoltre, calcolando una media dopo cinque appuntamenti, la Ferrari è il team che ha migliorato meno nel giro da qualifica, poco meno di un decimo e mezzo rispetto al mezzo secondo abbondante della Mercedes e ai due e mezzo della Red Bull. La Williams si mantiene, invece, in media mezzo secondo netto più lenta rispetto alla passata stagione.

GARA

La classifica finale del Gran Premio di Spagna non è indicativa per capire i reali distacchi tra i vari team. Questo poiché l’incidente del 46° giro tra Lando Norris e Lance Stroll, che ha causato il ritiro di entrambi, ha richiesto l’ingresso della Safety Car. La vettura di sicurezza è tornata ai box all’inizio del 53° giro e quindi la classifica finale è relativa agli ultimi quattordici giri di corsa.

Nonostante questo la separazione tra i top team ed il resto della griglia emerge comunque. L’unica nota stonata resta quella di Pierre Gasly che, al momento, non riesce ad avvicinarsi alle prestazioni di Max Verstappen con la Red Bull.

Per avere un altro punto di vista possiamo recuperare la classifica dopo 39 giri – proposta a lato – ovvero prima della seconda sosta di Sebastian Vettel. Lewis Hamilton comandava con quasi 9 secondi su Bottas, 13 su Verstappen, 23 sul tedesco della Ferrari ed oltre 27 su Leclerc. Gasly si trovava esattamente a mezzo minuto dal compagno e con 12 secondi di vantaggio sulla Haas di Grosjean. Volendo focalizzarci sulla Ferrari, Charles Leclerc dopo 45 giri (e quindi due terzi di gara) aveva un distacco di 32 secondi da Hamilton poco prima della seconda sosta effettuata da entrambi.

È ovviamente semplicistico un calcolo di questo tipo, ma senza l’ingresso della Safety Car il monegasco, in proiezione, sarebbe potuto giungere al traguardo con oltre 45 secondi di ritardo dalla Mercedes vincitrice. Nel 2018 un Gran Premio deludente per la Ferrari vide Sebastian Vettel giungere a 27 secondi dal vincitore Hamilton.

In questo appuntamento le lotte di centro gruppo hanno visto coinvolte maggiormente Haas, Mclaren e Toro Rosso, con Romain Grosjean e Kevin Magnussen che non si sono risparmiati nello scambiarsi anche qualche ruotata. Apprezzabile, al rientro della Safety Car, il tentativo aggressivo ma non esagerato del danese di scavalcare addirittura la Red Bull di Gasly. Ancora buio pesto in casa Renault nonostante lo sprazzo di Ricciardo, riuscito ad entrare in Q3.

La classifica costruttori dopo cinque gare è più che chiara. Mercedes domina con 217 punti grazie alle cinque doppiette più due punti per i giri più veloci conquistati in Australia e Spagna. Ferrari è quasi doppiata, Red Bull è terza ma ancora sotto i 100 punti. Seguono cinque team racchiusi in 10 punti con Toro Rosso e Williams a chiudere. 

Formula One Campionato del Mondo di F1 2019
PosTeamPts
1Germania Mercedes217
2Italia Ferrari121
3Austria Red Bull87
4Regno Unito McLaren22
5Regno Unito Racing Point F1 Team17
6Stati Uniti Haas F1 Team15
7Svizzera Alfa Romeo13
8Francia Renault12
9Italia Toro Rosso6
10Regno Unito Williams0

 

MERCEDES vs FERRARI

Mancava un’altra controprova. Questa è arrivata a Barcellona e pare essere quella definitiva: Mercedes è su un altro livello e, rispetto all’anno scorso ed al 2017, la Ferrari pare aver fatto un passo indietro. La classifica costruttori è quasi svilente, quella piloti fa pensare ad un altro anno in cui l’unico motivo di interesse può essere una lotta interna nel team campione in carica. Certo, mancano ancora ben sedici gare e tecnicamente c’è tutto il tempo per vedere dei cambiamenti. L’andamento del primo quarto di mondiale, però, è talmente inappellabile da non far immaginare, in questo momento, che gli equilibri possano in qualche modo mutarsi. 

A differenza degli altri weekend Mercedes ha impresso da subito il suo marchio, sin dal venerdì. Bottas ha fatto segnare i migliori tempi in FP1 ed FP2, Hamilton ha replicato in FP3 al sabato mattina con mezzo secondo di vantaggio sulla concorrenza. In qualifica il finlandese è stato addirittura esagerato, con una pole stratosferica: sei decimi di vantaggio sul compagno ed otto e mezzo sulla Ferrari di Vettel. Proprio il divario in qualifica è stato un punto di discussione importante, forse la nota più dolente del weekend, considerato che la maggior parte dello svantaggio è stata accumulata nel terzo settore, il più lento del tracciato di Barcellona.

Rivedendo il giro comparativo tra la pole di Bottas ed il terzo tempo di Vettel, alla fine del secondo settore il tedesco giunge con uno svantaggio di “soli” 133 millesimi rispetto al finlandese (49.661 contro 49.528), frutto di un T1 in suo favore per 204 millesimi e di un T2 a sfavore per 337. Tutto sommato una differenza accettabile se non fosse che, nel T3, la W10 ingrana un’altra marcia guadagnando oltre 7 decimi (733 millesimi) sulla SF90. L’ultimo settore del Circuit de Catalunya è formato da sette curve, dalla 10 alla 16, di cui cinque da percorrere sotto i 150km/h. È qui che la Mercedes fa nettamente la differenza, con traiettorie più strette e veloci rispetto alla Ferrari che, al contrario, sembra essere più in palla dai 200 km/h in su. 

Già in uscita da curva 10 Bottas resta molto più stretto rispetto a Vettel, il quale finisce anche oltre il minicordolo giallo perdendo solo qui un paio di decimi. Passiamo a curva 11 con i prossimi due fotogrammi, i più indicativi della nostra breve analisi.

Come potete notare da questo primo fotogramma, Bottas resta vicino al cordolo in percorrenza. Abbiamo preso come punto di riferimento il panettoncino giallo aggiuntivo per sottolineare la differenza rispetto alla Ferrari.

Vettel passa nello stesso punto mezzo secondo dopo la Mercedes e, come potete vedere, la SF90 è ben più distante dal cordolo. Altro dettaglio importante: notate l’angolo di sterzo. In entrambi i fotogrammi Bottas ha meno giro di volante pur essendo più stretto durante tutta la percorrenza di curva, nella quale il tedesco perde altro tempo prezioso. 

All’ingresso della successiva curva 12 Vettel si trova a sei decimi da Bottas. Nell’ultima chicane ne perde altri due e mezzo, che restano immutati tra ultima curva e traguardo. Il giro termina con 866 millesimi di ritardo. Il video dell’intero giro è visibile sull’account Youtube ufficiale della F1.

In gara la Mercedes ha semplicemente confermato le impressioni dei primi due giorni. L’unico momento di incertezza per le sorti della gara è stato la partenza. Hamilton, dalla seconda posizione, è partito leggermente meglio del poleman Bottas, affiancandolo all’interno procedendo verso curva 1. Alle loro spalle, aiutato dalla scia, è arrivato Sebastian Vettel che ha tentato l’affondo all’esterno. Le tre monoposto si sono trovate affiancate in staccata con la Ferrari del tedesco che ha bloccato l’anteriore sinistra provocando un pesante flatspot. Vettel ha tentato comunque di inserire in curva la monoposto dovendo, però, obbligatoriamente alzare il piede. Questo ha permesso ad Hamilton e Bottas di sfilare in testa in curva 2: al finlandese va riconosciuto il merito di essere riuscito ad evitare per centimetri un contatto a tre potenzialmente pericoloso. Non è tutto, perché dal possibile attacco per il primo posto Vettel ha dovuto anche subire il gran sorpasso all’esterno della Red Bull di Max Verstappen in curva 3.

Da qui la gara ha delineato gli equilibri che, alla fine, si sono mantenuti per tutti i 66 giri. Lewis Hamilton ha mantenuto Bottas a distanza di sicurezza per tutto il Gran Premio, senza mai dare l’idea di poter soffrire un’eventuale ritorno del finlandese. A loro volta i due piloti della Mercedes hanno messo tra sé e gli altri una gap sufficiente senza bisogno di forzare esageratamente. Particolarmente indicativo è quanto successo al rientro della Safety Car. Nel primi due giri in regime di bandiera verde Hamilton, sfruttando probabilmente una mappa più aggressiva, ha piazzato un 1:19.850 seguito da un 1:18.492 che hanno annichilito la concorrenza.

52 2:07.645 (Ultimo giro dietro SC)
53 1:19.850
54 1:18.492
55 1:20.909
56 1:19.980

Lo stesso Bottas è rimasto sorpreso, girando per due volte in 1:21 basso e rispondendo solo al terzo passaggio con un 1:18.737 per poi tornare sull’1:20 basso.

52 2:07.434 (Ultimo giro dietro SC)
53 1:21.217
54 1:21.362
55 1:18.737
56 1:20.027

Questo per sottolineare quanto la Mercedes abbia gestito il vantaggio senza bisogno di forzare inutilmente. 

Passando alla Ferrari, è parso chiaro che la SF90 non avesse il passo per restare in coda ai primi. Il flatspot sulla gomma anteriore sinistra di Sebastian Vettel ha causato problemi aggiuntivi subito dal via, costringendo il tedesco a rallentare e lasciare strada a Charles Leclerc in attesa della sosta ai box. Effettuati i primi cambi il tedesco è tornato sul compagno di squadra, attendendo qualche giro prima di poterlo superare visto il passo, questa volta, in suo favore. Con l’impossibilità di raggiungere Verstappen, la Ferrari si è quindi dovuta accontentare del quarto e del quinto posto, stesso risultato dell’Australia.

Cosa succede quindi alla Rossa? A turno, nelle ultime gare, si è parlato di problemi di aerodinamica e difficoltà nel portare le gomme in temperatura. La SF90 sembra quasi un rebus anche se, in linea di massima, sul dritto e nelle curve veloci la monoposto sembra essere competitiva. Così come il Bahrain anche i primi due settori di Barcellona contengono curve da oltre 200 km/h: su queste la monoposto si è comportata bene, mentre quando la velocità cala fatica ad andare forte in percorrenza. C’è quindi sottosterzo alle basse velocità che può essere dovuto a più fattori come, ad esempio, proprio il non riuscire a centrare la finestra di temperatura degli pneumatici, oppure una mancanza generale di carico all’anteriore. Gli elementi su cui ragionare sono però troppi per trarre una conclusione e per ipotizzare una soluzione in questo momento di difficile ricerca per gli stessi tecnici di Maranello, sebbene le ultime voci parlino addirittura di una monoposto concettualmente sbagliata. Tipo di asfalto diverso da pista a pista, temperatura dello stesso e mescola utilizzata creano molteplici combinazioni possibili al minimo variare di un singolo fattore. Inutile promuovere ipotesi di qualsiasi tipo senza dati certi a disposizione. 

Quello che preoccupa è l’arrivo di Montecarlo come prossima tappa, dove soli due anni fa la Ferrari aveva ottenuto una gran doppietta e dove ora si rischia il tracollo, pensando nello specifico al T3 di Barcellona come a qualcosa di simile in termini di velocità al Principato. Ovviamente sono tanti gli elementi che devono essere presi in considerazione nelle differenze tra due piste, ma con il prossimo appuntamento avremo completato la gran parte delle casistiche di circuiti presenti nel mondiale. Se anche qui la Rossa dovesse far male, il mondiale 2019 potrebbe già ritenersi da archiviare dopo solo un terzo di gare disputate.

RED BULL

La certezza del team austriaco in questo momento si chiama Max Verstappen. L’olandese, dopo aver subito critiche feroci – a volte esagerate – nella prima parte della scorsa stagione, ha cambiato registro mostrando una concretezza ed una maturità di livello. Con due terzi posti e tre quarti si trova al terzo posto della classifica piloti davanti ai due ferraristi e, visti i limiti della RB15 (e della PU Honda, non ancora al livello di Mercedes e Ferrari) si può dire che in questo momento il pilota che sta stupendo di più tra i top six sia proprio lui. In classifica costruttori, infatti, pesano i soli 21 punti di Pierre Gasly, meno di un terzo rispetto ai 66 del compagno di squadra ed è probabilmente per questo che la Red Bull non può giocarsi il secondo posto in classifica con il team di Maranello. Nei 14 giri tra ripartenza dalla Safety Car e fine del Gran Premio Verstappen ha rimediato un distacco di 7 secondi da Lewis Hamilton, mentre il francese ha chiuso a 19 dall’inglese. Prendendo sempre come riferimento il 39° passaggio, l’olandese aveva mezzo minuto esatto di vantaggio sul compagno. Decisamente troppo. Nonostante Honda non sia ancora al livello delle migliori PU, Verstappen ha migliorato di quattro decimi e mezzo il suo tempo della passata stagione in qualifica, recuperandone oltre quattro sulla Ferrari. Difficile dire quanto questo miglioramento sia frutto del talento dell’olandese rispetto al valore della monoposto. Si dice spesso che il pilota ad oggi conti troppo poco rispetto al mezzo, ma il divario all’interno del box Red Bull tra i due piloti sembra dimostrare il contrario.

HAAS

Dopo due gare negative per il team americano, arriva un bel risultato proprio in una delle piste più complete e “demanding” per una monoposto. La VF-19 si prende la quarta fila in qualifica con Romain Grosjean davanti a Kevin Magnussen e, soprattutto, con un distacco risicato dalla terza fila. I due, separati di 11 millesimi tra loro, hanno chiuso a poco più di tre decimi dalla Ferrari di Charles Leclerc e meno di due dalla Red Bull di Pierre Gasly. In gara la consueta battaglia di centro gruppo ha visto protagoniste anche le Haas con i suoi piloti che, ad un certo punto, si sono trovati a lottare addirittura tra loro senza esclusione di colpi (e senza conseguenze, per fortuna). A spuntarla è stato il Magnussen, con una gara concreta e condita da un bell’attacco ai danni di Pierre Gasly al rientro ai box della Safety Car. Il francese si è difeso a fatica dal danese che, alla fine, ha chiuso settimo, “primo degli altri”. Grosjean, invece, ha portato a casa l’ultimo punto a disposizione con il decimo posto. In una classifica molto corta nella parte centrale i sette punti conquistati dal team sono un ottimo risultato per risalire la china dopo due appuntamenti da dimenticare. 

MCLAREN

Dopo l’uscita di Fernando Alonso i riflettori a Barcellona erano giustamente puntati su Carlos Sainz, suo successore in McLaren. Lo spagnolo ha ricambiato l’affetto mostrato con un ottavo posto finale che, tutto sommato, può essere considerato positivo o, quanto meno, rappresentare il classico bicchiere mezzo pieno. Sainz e Norris non sono riusciti infatti ad agguantare la Q3 in qualifica, chiudendo rispettivamente 11° e 13° con il baby inglese che ha messo ancora in difficoltà il più esperto compagno. Entrambi hanno poi beneficiato della penalità di tre posizioni scontata da Daniel Ricciardo per avanzare di una casella in griglia. Lo spagnolo ha condotto una gara regolare che gli ha permesso, nel finale, di risalire posizioni fino all’ottavo posto finale. Meno bene è andata invece all’inglese che, subito nelle prime curve ha perso posizioni crollando dalla decima alla sedicesima. La sua gara, di fatto, è stata condizionata da questo episodio. Norris ha tentato di risalire la classifica ed era in lotta per la 14a piazza quando il contatto con Lance Stroll nel corso del 46° passaggio ha costretto entrambi al ritiro. Il tentativo di passare all’esterno della Racing Point in curva 1 è stato forse troppo ottimista, ma è pur vero che Stroll ha chiuso la porta in curva 2 senza probabilmente essersi accorto della presenza della McLaren al suo interno. Per il team di Woking restano i quattro punti dello spagnolo a chiudere un weekend senza infamia e senza lode.

RENAULT

L’unico punto positivo del weekend del team ufficiale francese potrebbe essere rappresentato dalla Q3 ottenuta da Daniel Ricciardo al sabato, con un tempo comunque più lento di tre decimi rispetto a quello 2018 di Sainz (unico team a peggiorare). Un risultato, tra l’altro, poco utile data la penalità da scontare da parte dell’australiano per i fatti di Baku, con la retromarcia terminata sulla Toro Rosso di Kvyat. Ricciardo, quindi, dal decimo posto ottenuto in pista è sceso al tredicesimo. Ancora peggio è andata a Nico Hulkenberg. Il tedesco è stato autore di un’uscita di pista in Q1 che l’ha costretto a tornare ai box per cambiare l’ala anteriore. Nella sostituzione è stata montata un’ala di specifica diversa da quella precedente e questo ha provocato una penalità simile a quella subita da Raikkonen a Baku. Hulkenberg, quindi, dopo essere stato comunque escluso dalla Q1 è stato costretto a partire dalla pitlane. In gara le cose non sono andate poi tanto meglio: Ricciardo ha migliorato di una posizione quella di partenza giungendo 12°, mentre Hulkenberg è risalito fino alla 13a posizione. Un risultato comunque sottotono per quelle che dovevano essere le ambizioni del team ufficiale francese.

ALFA ROMEO

Weekend da dimenticare per il team svizzero. Niente Q3 al sabato, una penalità per Antonio Giovinazzi e un’uscita di pista di Raikkonen nelle prime fasi di gara riassumono le difficoltà riscontrate dall’Alfa a Barcellona. Al finlandese, questa volta, non è riuscito l’attacco alla Q3 come visto ultimamente, con un mesto 14° posto in griglia. Ancora peggio la sorte dell’italiano, colpito da una sostituzione del cambio. Le cinque posizioni da scontare in realtà si sono annullate: quanto Giovinazzi in Q1 è rimasto escluso con un tempo migliore solo rispetto alle Williams. Contando le penalità per Russell (sostituzione del cambio anche per lui) e Hulkenberg, l’italiano è comunque partito dalla 18a posizione conquistata in qualifica. In gara le cose non sono migliorate di molto: Kimi Raikkonen è andato lungo in curva 4 nel corso del primo giro, trovandosi in fondo alla griglia nei primi due passaggi. Nel corso della gara, e sfruttando i due ritiri davanti, il finlandese è risalito fino al 14° posto mettendosi dietro, oltre alle Williams, la Racing Point di Stroll e l’Alfa del compagno di squadra. Su una pista dove serviva un bel risultato è arrivata invece una brutta battuta d’arresto.

TORO ROSSO

Per soli otto decimi la Toro Rosso, in gara, non è riuscita a piazzare due monoposto nei primi 10. Con Daniil Kvyat nono al traguardo, dopo una qualifica chiusa con sorpresa nella medesima posizione, Alex Albon ha mancato di poco l’opportunità di attaccare un Romain Grosjean in difficoltà per andare alla ricerca dell’ultimo punto a disposizione, passando sotto la bandiera a scacchi a meno di un secondo dal decimo posto. In ogni caso il weekend della scuderia di Faenza si può definire positivo, con buoni risultati durante le prime giornate confermati dalla gara della domenica. La classifica si muove leggermente, con il team che si porta a sei punti. C’è però da lavorare perché il gruppo degli altri è racchiuso tra i 17 ed i 12 punti. Serve una conferma a Montecarlo.

RACING POINT

È forse il team mancato di più all’appello in questo weekend, il più lento in qualifica Williams escluse. Sergio Perez è riuscito a salvarsi dall’eliminazione in Q1 uscendo con l’ultimo tempo dalla Q2, Lance Stroll invece ha abbandonato le qualifiche subito dopo la prima tagliola. In gara nessun segnale di miglioramento. L’unica inquadratura, anzi, è stata quella del canadese al momento del ritiro per l’incidente con Lando Norris. Un weekend completamente anonimo: per assurdo la Racing Point, in certi frangenti, sembra faticare di più ora con capitali nuovi che l’anno passato sommersa dai problemi economici.

WILLIAMS

Ultime, ultimissime e con il destino segnato per tutta la stagione. L’unica riflessione può essere quella sulla competitività di Robert Kubica, che in qualifica ha rimediato un secondo e due decimi da Russell in gara ha chiuso a sette secondi dal compagno con un best lap di otto decimi più lento. Una delle più belle storie degli ultimi anni si sta tramutando gara dopo gara in un incubo, ovviamente non solo per colpa sua.

TOP E FLOP

Per quanto riguarda i top, dopo una qualifica stordente come quella del sabato tra i migliori va sicuramente Lewis Hamilton. Partenza fulminante e gestione della gara perfetta da parte dell’inglese, con chicca finale da parte sua e della Mercedes come la dedica del successo al piccolo Harry. Ottimo, ancora, Max Verstappen. In queste prime cinque gare per concretezza e tenendo conto della competitività della Red Bull, come prestazioni è forse il miglior pilota in pista. Bene anche Kevin Magnussen: il danese ha corso con aggressività ma senza esagerare come solitamente succede. Il settimo posto è totalmente meritato. 

Tra i flop del weekend va sicuramente Lance Stroll: un botto al venerdì mattina in curva 9, una qualifica con esclusione in Q1 ed una gara finita con un incidente per il quale si deve dividere le responsabilità con Lando Norris. La situazione inizia a diventare complicata e forse anche imbarazzante, vista la proprietà del team. La sostituzione del cambio sull’Alfa di Antonio Giovinazzi non sortisce effetti sulla griglia effettiva, ma comunque l’italiano arriva dietro il compagno Raikkonen nonostante l’uscita di pista di quest’ultimo nel primo giro. C’è ancora da lavorare. Infine, una nota anche per Robert Kubica che non riesce a fare la differenza sul più giovane compagno di squadra. La differenza in qualifica è tanta e comunque la tendenza è sempre quella di un Russell davanti. La Williams è in palese difficoltà ma anche il polacco sembra faticare a ritrovare se stesso dopo la grande onda di positività legata al suo ritorno sulla quale nessuno può aver da ridire. Ci vuole però un risultato positivo. Potrà arrivare a Montecarlo?!

STRATEGIE

La Safety Car ha stravolto le strategie a due terzi di gara completati. Pirelli aveva previsto una possibile gara a due soste e due opzioni con sosta unica, come da schema seguente.

Rispetto alle previsioni, chi ha cambiato la gomma soft dopo il primo stint è andato nella maggior parte dei casi sulla media. Solo in pochi hanno provato a terminare la gara con la dura per poi, comunque, fermarsi con la vettura di sicurezza in pista per effettuare un cambio rapido senza perdere troppo tempo e montare gomme più fresche. 

 

Queste le parole di Mario Isola, responsabile F1 e car racing Pirelli: “Il periodo di safety car si è rivelato il momento chiave della strategia di gara perché ha portato quasi tutti i piloti verso le due soste, azzerando i distacchi in vista di uno “sprint” finale. Fin dal via è sembrato chiaro che la gara si orientasse verso la possibilità di adottare strategie differenti a una o due soste, con tutte e tre le mescole disponibili in gioco. Alla fine, è parso piuttosto difficile fare un solo pit stop, e si è verificata dell’usura su soft e medium, su un circuito molto severo in termini di carichi sui pneumatici”.

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