Supercross | Intervista a Pietro Ambrosioni, giornalista e fotografo

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Tempo di lettura: 6 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
17 Marzo 2018 - 09:00

Passione a 300 all’ora ha avuto il piacere di intervistare Pietro Ambrosioni, giornalista e fotografo che segue da diversi anni il Supercross USA dall’interno. Un modo per conoscere la carriera di Pietro e il mondo a stelle a strisce delle ruote tassellate d’oltreoceano.

Milanese, classe 1968, Pietro è uno stimato professionista a livello mondiale sia del mondo del giornalismo che della fotografia. Ha lavorato per le migliore riviste del settore e non solo, continuando a praticare la propria professione con passione e soprattutto professionalità anche sul web essendo il corrispondente dagli USA di Moto.it.

Pietro, raccontaci come hai iniziato la tua carriera.
“Parto con il dirti che sono un grande appassionato di motocross, uno sport che mi ha sempre affascinato sin da piccolo e che ho praticato anche a livello agonistico. Mio padre a Milano aveva una stimata agenzia pubblicitaria, di parlo di fine anni ’80, e spesso ci arrivavano delle riviste che speravano di raccogliere un po di pubblicità. In quel periodo iniziai a leggere, grazie anche al fatto che praticavo snowboard, oltre a diverse riviste americane una rivista italiana chiamata Cinque Sport. L’allora direttore mi chiamò e mi chiese di andare alle gare, grazie al fatto che io spesso correggevo loro degli articoli che avevano degli errori segnalandoli alla redazione. La prima gara che ho seguito è stata quella del mondiale Sidecarcross sul Lago Maggiore. Una bella esperienza andata bene, che mi ha permesso di seguire la gara per eccellenza di quel periodo nella 500, cioè il GP del Belgio a Namur. Una specie di TT, o di GP di Macao, del Motocross. Presi una macchina fotografica e diversi rullini, feci diversi scatti da cui ne ricavai 7/8 che poi uscirono sull’articolo. Quello fu il mio primo servizio. Nel frattempo continuavo a seguire le gare, a partire dai Supercross in Europa con anche gli americani presenti, e puoi immaginare l’emozione. Nei primi anni ’90 entrai a far parte della rivista Motocross e sino al 1992 ho seguito i mondiali della 500cc in giro per tutti i circuiti, ma era davvero difficile seguirle fisicamente perché oltre a scrivere dovevo ritornare in Italia per riconsegnare i rullini. Ho deciso quindi di prendermi una pausa di circa 10 anni dalle gare, continuando però in altri ambiti la mia carriera di fotografo”.

Come ti sei avvicinato al Supercross?
“Dopo essere ritornato nel 2002 a collaborare con diverse riviste seguendo il cross, l’enduro, il motard e il trial, il direttore di quel periodo di ‘Motociclismo Fuoristrada’, Roberto Ungaro, mi chiede di andare negli USA per il Supercross. Il classico ‘prendere o lasciare’ ed io ho preso assolutamente al volo questa occasione. Nel 2005-2006-2007-2008 ho seguito sia la stagione americana che quella europea, con anche le Supermoto, e non ti nascondo la fatica di questi impegni. Ho deciso quindi a fine 2008, nonostante la crisi economica, di trasferirmi definitivamente in America insieme a mia moglie e di continuare a seguire il Supercross senza mai fermarmi. Nel 2014 sono diventato corrispondente dagli USA di Moto.it. Avendo una mia agenzia di comunicazione sono completamente indipendente e, oltre a questo, lavoro con il gruppo Givi USA dove sono il responsabile globale della comunicazione”.

Come lavora un fotografo nel mondo del Supercross?
“Lavorare nel Supercross richiede delle attrezzature importanti e delle limitazioni tecniche enormi. Servono materiali importanti, che io ho ammortizzato nel corso degli anni. Durante le gare ci sono pochissimi posti dove scattare, e la luce anche se in TV non si vede è parecchio bassa. Per lavorare in queste condizioni servono lenti costose per avere un livello importante di qualità. In questo mondo il pass permanente per i fotografi per accedere alla pista con la pettorina lo abbiamo in 15 e quindi si riesce a lavorare comunque molto bene, avendo meno concorrenza”.

Raccontaci il mondo del Supercross visto da dentro.
“Il Supercross è un ambiente professionale e competitivo al massimo, dove circolano davvero tanti soldi. I ragazzi vengono cresciuti a pane e Motocross da quando sono ragazzini, e quando si vedono dei Villopoto o Dungey ritirarsi ancora giovani bisogna rendersi conto che la loro vita per almeno 20 anni è stata dedicata al Motocross, con tutte le pressioni del caso. Famiglie che hanno venduto oppure ipotecato delle case per supportarli, sveglia ogni mattina alle 5 e tanto allenamento ogni giorno. Sono bravi ragazzi, con tanti soldi, che io ammiro per quello che sono e continuano a fare in moto. Avvicinarli all’inizio non è stato semplice, perché a loro dell’italiano non interessa nulla, ma nel corso degli anni anche grazie ai social hanno iniziato ad apprezzare il mio lavoro. Capita che tu faccia un intervista tirando loro fuori il massimo, salvo poi scoprire che le stesse cose che hanno detto a te loro le hanno riferite ad un amico oppure scritte su Twitter”.

Che rapporto hai con i vari piloti oppure addetti ai lavori del Supercross?
“Per quanto mi riguarda ho un ottimo rapporto con tanti team manager, meccanici e amici che mi danno tante informazioni. Io li rispetto molto, preferisco non bruciarmi uno scoop con un qualcosa che mi hanno detto loro. Ovviamente, essendo presente alle gare e con le conferenze stampa dei piloti che hanno rimesso da poco hai la possibilità di interagire con loro e di poter scrivere qualcosa di più approfondito rispetto a chi vede le gare dal di fuori. Io ho un ottimo rapporto con Roczen, Dungey che è il mio preferito, Trey Canard e Cianciarulo. L’ambiente è comunque molto bello e anche loro, rispetto a qualche anno fa, sanno quanto è importante essere gentili e professionali per promuovere il marchio. Anche con gli altri fotografi c’è un rapporto splendido, ci scambiamo materiale e c’è molto affiatamento tra di noi”.

Ci racconti un episodio particolare?
“Qualche anno fa ho atteso Ricky Carmichael per un’ora e mezza sotto la pioggia, fuori dal suo camper, per un’intervista. Dopo tanta attesa ci siamo parlati sulla scaletta, con il sottoscritto tutto bagnato fradicio. Ovviamente io per lui avevo poca importanza, ma sotto questo punto di vista le cose sono molto migliorate”.

Segui altri progetti collaterali?
“Ho un mio sito, MXTRIBE.com, che ho fondato nel 2005 e che ora è seguito da un collaboratore dall’Italia, Daniele Sinatra. Qui invio le mie gallery e parliamo in modo più approfondito di tante cose che agli appassionati possono interessare, pur dando ovviamente precedenza a Moto.it che ha un target diverso”.

Ringraziamo Pietro per la cortesia e la gentilezza nel rilasciarci questa intervista.

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