F1 | 2009-2019, i freni Brembo a confronto

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
23 Settembre 2019 - 19:35
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La sorpresa. Ecco ciò che manca alla Formula 1 degli ultimi anni caratterizzati dai successi seriali della Mercedes e dalle vittorie sporadiche di Ferrari e Red Bull. Dieci anni fa, invece, la situazione era decisamente differente perché un team in procinto di essere smantellato e acquistato pagando una sola sterlina, poi ribattezzato in Brawn GP, riuscì ad aggiudicarsi i Campionati del Mondo Piloti e Costruttori.

Quella però era una Formula 1 differente, a partire dalle caratteristiche dei motori (V8 aspirati da 2,4 litri con un regime di rotazione massimo di 18.000 giri/minuto) fino ai pneumatici (Bridgestone), passando per i rifornimenti in gara, l’assenza di limiti ai consumi e il maggior numero di propulsori (8 per l’intera stagione composta di soli 17 GP) a disposizione di ogni pilota.

E differenti erano anche i componenti frenanti che Brembo forniva a buona parte dello schieramento: dalla Scuderia Ferrari, che dal 1975 non ha mai smesso di utilizzare gli impianti frenanti Brembo, alla Red Bull, dalla Toyota alla Toro Rosso e ancora BMW Sauber e Brawn GP.

Già, perché fin dagli anni Ottanta Brembo fornisce i propri impianti frenanti non solo alle squadre più blasonate, ma anche ai team, che pur disponendo di budget più contenuti, vogliono garantirsi i migliori freni in circolazione. E proprio questa fu la scelta di Ross Brawn quando rilevò dalla Honda il team e definì le caratteristiche che la BGP001 avrebbe dovuto avere.

Ross Brawn aveva avuto modo di apprezzare la potenza frenante e l’affidabilità dei freni Brembo in oltre tre lustri di presenza in Formula 1, prima alla Benetton (1991-1996) e poi alla Ferrari (1997-2006): con la scuderia anglo italiana conquistò 2 Mondiali Piloti e un Mondiale Costruttori. A Maranello invece vinse 6 Mondiali Costruttori e 5 Mondiali Piloti. 

Ritrovò i freni Brembo alla Honda a fine 2007, ma da soli non bastavano a garantire una monoposto di successo. Il 2008 fu un anno particolarmente sfortunato per il team anglo-nipponico che in 18 GP conquistò un solo podio, andando a punti in solo 4 gare e classificandosi alla fine della stagione in terz’ultima posizione nella classifica dei Costruttori con soli 14 punti, davanti a Force India e Super Aguri.

Nel 2009 Ross Brawn rivoluzionò l’approccio tecnico nel design della vettura, introducendo un doppio diffusore che assicurava un carico aerodinamico eccezionale. Fu soprattutto grazie a questa soluzione che a fine anno la Brawn GP regalò a Brembo il 19° Campionato del Mondo Costruttori e tramite Jenson Button il 15° Campionato del Mondo Piloti.

Tornando ai sistemi frenanti Brembo, l’evoluzione compiuta nell’ultimo decennio è impressionante, in particolare per l’incremento delle performance assicurate dai sistemi frenanti Brembo di ultima generazione. Un maggior sforzo richiesto ai freni dovuto sia alle maggiori velocità sul giro delle monoposto attuali di Formula 1 rispetto a quelle del 2009 sia alla maggior capacità di scaricare la coppia frenante a terra grazie all’utilizzo di pneumatici con battistrada maggiorato.

P​er dimostrare queste migliorie abbiamo messo a confronto i dati delle frenate di molti tracciati che non hanno cambiato layout: dal GP Italia (Monza) al GP Abu Dhabi (Yas Marina), dal GP Monaco al GP Belgio (Spa-Francorchamps), al GP Brasile (Interlagos).

POTENZA FRENANTE: FINO A +50%​

Con il termine potenza frenante si intende la quantità di energia dissipata durante una frenata. Questo valore è il più cresciuto nell’ultimo decennio, come confermano gli esempi che stiamo per sottoporvi.
Alla St. Devote, la prima curva dopo la partenza del GP Monaco, talvolta teatro di spettacolari incidenti, la potenza frenante di ciascuna monoposto del 2009 era di 1.588 kW mentre quest’anno, in media, si è attestata sui 2.175 kW. La crescita è stata quindi pari al 37 per cento.
​Incrementi persino maggiori nella potenza frenante si dovrebbero registrare in altri tracciati: nel 2009 alla curva dopo il traguardo del GP Giappone il valore superava di poco i 2.000 kW mentre quest’anno si attesterà intorno a 3.000 kW, ossia il 50 per cento in più.

DECELERAZIONE: FINO A +23%​

Il ricorso a impianti frenanti Brembo più performanti ha accresciuto anche la decelerazione a cui sono sottoposti i piloti, in alcune staccate addirittura superiore a quella a cui sono sottoposti gli astronauti al rientro sulla Terra.
Alla Variante del Rettifilo, la prima chicane di Monza (GP Italia), le monoposto del 2009 assicuravano una decelerazione massima di 5,1 g mentre quelle attuali garantiscono un valore di 5,6 g. L’incremento è nella misura del 9,8 per cento, in linea con quello della maggior parte delle curve del campionato del mondo.
​Talvolta però si registrano variazioni maggiori, come sulla pista di Spa-Francorchamps (GP Belgio). Alla frenata dell’ex Bus Stop la decelerazione massima è salita da 5,2 a 5,8 g mentre a La Source è balzata da 4,3 g a 5,3 g. Nel primo caso l’aumento è stato dell’11,5 per cento, nel secondo del 23 per cento.

CARICO SUL PEDALE : FINO A +43%​

Per esercitare una maggiore potenza frenante e affrontare una decelerazione maggiore è indispensabile incrementare il carico sul pedale del freno. I piloti attuali sono quindi chiamati, almeno per quanto concerne la frenata, ad uno sforzo superiore ai loro colleghi del decennio scorso.

Alla curva 11 di Yas Marina (GP Abu Dhabi) la decelerazione attuale è di 223 km/h rispetto ai 207 km/h del 2009 ma il carico sul pedale del freno è cresciuto in maniera maggiore: da 126 kg a 155 kg, cioè del 23 per cento. Invece alla curva dopo il tunnel del GP Monaco il carico sul pedale è passato da 116 kg a 144 kg, ossia del 19 per cento.

​D’altro canto, alla già citata Variante del Rettifilo di Monza il carico sul pedale è passato dai 137 kg del 2009 ai 196 kg di quest’anno: più 43 per cento. Invece all’ultima curva prima del traguardo del GP Belgio il carico sul pedale è cresciuto in dieci anni da 140,5 kg a 202 kg: più 30 per cento.

TEMPO DI FRENATA: FINO A -13,9%​

Apparentemente in molti tracciati i tempi di frenata sembrerebbero non discostarsi molto rispetto a quelli del 2009, tuttavia è limitare il confronto al solo tempo di frenata, senza considerare le velocità iniziali e finali, a trarre in inganno.

Ad esempio alla curva 11 di Yas Marina la frenata durava 2,43 secondi dieci anni fa e 2,38 secondi oggi. Il risparmio di tempo parrebbe quindi quasi insignificante, appena 5 centesimi di secondo. In realtà però il divario è molto più alto perché nel 2009 le monoposto di Formula 1 perdevano in questa frenata 207 km/h. Adesso invece nello stesso punto la frenata consente di tagliare la velocità delle auto di 223 km/h. Quindi pur dovendo perdere 16 km/h in più le monoposto attuali impiegano meno tempo, a dimostrazione della maggior potenza frenante.

Alla curva 10 del GP Monaco invece il tempo di frenata è sceso dai 2,60 secondi del 2009 ai 2,48 secondi di quest’anno. All’ultima curva del GP Belgio la riduzione del tempo di frenata è più marcato: dai 2,71 secondi del 2009 ai 2,52 secondi di quest’anno e in più oggi la velocità cala di 218 km/h rispetto ai 202 km/h che venivano persi nel 2009.

Parametrando il tutto, nel 2009 all’ultima curva del GP Belgio si verificava un calo di velocità di 74,5 km/h per ogni secondo di impiego dei freni mentre oggi la diminuzione di velocità è di 86,5 km/h per ogni secondo di frenata. Confrontando i 74,5 km/h con gli 86,5 km/h il miglioramento è nell’ordine del 13,9 per cento, mentre in altre situazioni è più contenuto.

DISCHI FRENO: DA 300 A 1.480 FORI (+393%) ​



Uno dei componenti del sistema frenante che ha subito un’evoluzione visibile anche a occhio nudo è il disco freno, che oggi Brembo rende disponibile all’anteriore in tre varianti: l’opzione medium cooling da 800 fori di ventilazione la high cooling da 1.250 fori di e il very high cooling da 1.480 fori.

Nel corso del decennio l’avanzare degli studi ha permesso a Brembo di aumentare progressivamente il numero dei fori e di diminuirne le dimensioni: dieci anni fa, nel 2009, i fori di ventilazione di un disco di Formula 1 erano circa 300.

Tre anni dopo, il loro numero era triplicato arrivando a 600 fori. L’innovazione però non si è fermata e nel campionato 2014 le monoposto di Formula 1 sono arrivate ad impiegare dischi con oltre 1.000 fori di ventilazione.

L’incremento della superficie del disco esposta alla ventilazione, garantisce infatti una maggiore dispersione del calore, riducendo la temperatura d’esercizio. Nei dischi in carbonio di Formula 1 la temperatura può addirittura raggiungere picchi di un migliaio di gradi centigradi per brevissimi istanti.

A partire dal 2017, il maggiore spessore dei dischi, salito da 28 a 32 mm, ha permesso di incrementare ulteriormente lo spazio per i fori di ventilazione, determinando un’ulteriore evoluzione del sistema di raffreddamento degli impianti.

I fori, disposti ora su 4 diverse file, misurano 2,5 millimetri di diametro e sono realizzati uno ad uno da un macchinario di precisione: per completare tutti i fori di un singolo disco sono necessarie dalle 12 alle 14 ore di lavoro. A questi livelli, la precisione è tutto: la tolleranza di lavorazione è di soli 4 centesimi di millimetro.

PASTIGLIE: ENERGIA DISSIPATA +10%

Anche le pastiglie hanno subito cambiamenti significativi nell’ultimo decennio sia nelle dimensioni che nelle geometrie.

L’area complessiva di ciascuna è cresciuta di poco meno del 2 per cento (da 4.000 mm a 4.070 mm) ma ora appaiono più allungate del passato: nel 2009 misuravano 106 x 25 mm, nel 2019 invece ammontano a 185 x 22 mm.

Oggigiorno le pastiglie devono smaltire energie notevolmente maggiori: in Canada 10 anni fa la temperatura dei dischi al tornante (curva 10) raggiungeva un picco di 908°C mentre quest’anno nello stesso punto supera i 1.000°C.

Per ovviare a questo problema, anche la ricerca sulle forme delle pastiglie stesse si è fatta più approfondita ed esasperata: le pastiglie dispongono infatti di fori di ventilazione che sono personalizzati in base alle richieste di ciascun team.

PINZE FRENO: LEGGEREZZA +15%

Nel corso degli ultimi 10 anni le pinze freno hanno subito un percorso evolutivo in parte divergente: da un lato si è privilegiata la semplificazione delle scelte in pista ma dall’altro è sempre più evidente la personalizzazione dello sviluppo in partnership con le scuderie.
Nel 2009 esistevano pinze differenti a seconda del circuito affrontato dalle monoposto, ma con differenze non particolarmenti significative tra scuderia e scuderia.
Da qualche anno, invece, ogni scuderia utilizza un’unica tipologia di pinza per tutti i circuiti della stagione, ma estremamente personalizzata sulle necessità della specifica monoposto del team. Parallelamente è cresciuta la complessità nello sviluppo.
Oggi, contrariamente a quanto avveniva 10 anni fa, la Formula 1 richiede una profonda personalizzazione degli impianti frenanti legati alle diverse scelte progettuali delle singole monoposto. Ciascuno dei team forniti da Brembo richiede un sistema frenante sempre più “su misura”, strettamente integrato con il design della monoposto e soggetto ad uno sviluppo continuo nel corso della stagione.

Per quanto riguarda le pinze freno ad esempio, la perfetta integrazione con il sistema di raffreddamento del corner (presa d’aria, drum, deflettori…) e con le soluzioni aerodinamiche studiate da ogni singolo team, fa sì che ogni componente sia unico.

Oltre tutto, oggi le preferenze dei piloti incidono sulle diverse combinazioni di rigidezza e peso.
Ci sono infatti team che prediligono pinze più leggere, perché hanno bisogno di abbassare il peso dell’auto, pur perdendo qualcosa in termini di rigidezza. Altri invece privilegiano la rigidezza, a scapito della massa. Nel complesso, c’è stata una riduzione di peso delle pinze del 15% rispetto al 2009, mentre lavorazione risulta oggi estremamente più complessa rispetto a 10 anni fa.

BRAKE BY WIRE

Infine, altra significativa novità apparsa negli ultimi 10 anni è il Brake By Wire. La necessità di garantire la corretta azione frenante al retrotreno, al netto dei contributi di coppia derivanti dai motori elettrici, ha portato all’introduzione nella stagione 2014 di un ulteriore elemento innovativo: il Brake By Wire (BBW).

L’impianto posteriore, nella normale modalità di impiego, non è più azionato direttamente dal pilota, ma dall’impianto idraulico in alta pressione della vettura (vale a dire quello che aziona il cambio, o il power steering), tramite l’opportuno controllo della centralina elettronica, che tiene conto, in ogni istante, dei contributi legati alle due MGU e della ripartizione frenante impostata dal pilota.

Sull’asse posteriore l’energia da dissipare a parità di attrito si è ridotta, essendo in parte recuperata dalla MGU-K: si può così impiegare una pinza meno ingombrante e più leggera.

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