Etichettare, sempre e comunque

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Samuele Prosino
19 Giugno 2018 - 20:18
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C’è questo gusto dell’etichettare tutto internettiano. Un gusto che porta a riempire pagine e pagine del web di insulti e di giudizi tranchant.

Anche il mondo dell’automobilismo è pieno di luoghi comuni dai quali i diretti protagonisti difficilmente si scosteranno, anche a comportarsi bene. L’unico modo per dimenticarsi è mettere la tuta rossa. O essere amico di Valentino. O in generale essere anonimi. Perché quella personalità che tutti vogliono diventa anche un boomerang.

Grosjean, Maldonado? Sfasciamacchine. Bèh, anche Gilles Villeneuve ne distruggeva molte. Se lo avessero etichettato così allora, magari non avrebbe retto a tutte le stilettate.
Lorenzo può anche spiegare in mille lingue del mondo che non ha fatto nessun biscotto, ma avrà sempre stampato sulla faccia il simbolo della Galbusera (e non parliamo di Silvano). Ayrton Senna ha fatto peggio nel 1990, a Suzuka, ma nessuno se lo ricorda. Solo quando conviene? Buttare fuori un avversario è meglio o peggio che fare una gara qualsiasi in un weekend qualsiasi a Valencia, e vincere il mondiale perché qualcun altro non ci è riuscito? A proposito, chi diceva che Lorenzo era un bollito?

Finalmente qualcuno gli ha dato retta, gli hanno messo a punto la moto come dice lui e vince gare. Però insomma, dai, non è spettacolare. Cosa c’è di più spettacolare di un Gran Premio vinto con annesse pole position e giro più veloce in gara?

Alonso, Massa, Raikkonen, Valentino Rossi, Melandri, Hamilton, Button, Rosberg, Vettel. Tutti bolliti troppo presto: andatelo a pescare, quel post che avete scritto troppo presto. Capiterà anche a Danny Ric, a Verstappen, a tutti quanti. Poi qualcuno può darsi che diventi uno scarpone, ma in mezzo a tutti questi giudizi gara per gara, magari non ci si accorge nemmeno.

I piloti giapponesi fanno tantissimi errori. Come ad esempio vincere una 500 miglia di Indianapolis.

Verstappen corre contro le Ferrari, è arrogante e molto fortunato. Mi ricorda un certo tedesco che prima del 1996 non aveva molti ferraristi dalla sua parte, salvo poi essere portato giustamente sul piedistallo.

Hamilton è un piangina e si dà troppe arie in giro. Anche Schumacher era molto minuzioso. E anche Hunt aveva una bella vita, ed era inglese. Hunt era uno sciupafemmine, dicono lo sia anche Vergne. A proposito, chi viene buttato fuori dal programma Red BUll è un fermo, giusto? Buemi, Vergne, Bourdais…

Chi vince la 500 Miglia di Indianapolis è fortunato. Oppure è solo uno che ha vinto una gara dove si sterza solo da una parte. Facile, no? Poi però quando il coraggio di fare quei muri a quella velocità chi lo trova? Alexander Rossi, ad esempio. Che in F1 è stata una meteora. Oh, guarda, negli Stati Uniti vince, quindi il livello della Indycar è bassissimo. Poi però Alonso non è che abbia fatto la pole position, a Indy. Non è che Dixon vinca ogni anno.

Che poi ogni volta che uno debutta, poi è uno che non è andata male per essere la prima gara, poi è un fenomeno, poi va contro il muro ed è un paracarro, poi si assesta e non merita perché non ha guizzi, poi diventa anonimo, poi fa il podio e il fenomeno torna, poi trova l’ingaggio o non lo trova? Se solo imparassimo a giudicare una gara di automobilismo senza considerarla un monomarca nel quale non si può variare nemmeno un assetto…

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