Di esaltazione in denigrazione

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
18 Aprile 2018 - 09:30
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Leggendo il web in questi due giorni vedo che l’argomento Ricciardo – Ferrari è praticamente il più chiacchierato. La vittoria di Shanghai sembra aver risvegliato improvvisamente l’affetto per Daniel pompando in modo smisurato la sua candidatura a futuro pilota della Rossa; al posto di chi, però, non si sa. 

Al tempo stesso, la battaglia contro Verstappen prosegue inesorabile soprattutto tra il popolo ferrarista, che non ne può più delle esuberanze dell’olandese e non accetta nemmeno le incredibili scuse che, per la prima volta, il giovane ha porto per le sue azioni cinesi.

Quello che mi pare di vedere negli ultimi tempi è una tendenza a considerare troppo l’ultima gara in rapporto ad una visione generale delle cose, spesso esaltando o denigrando esageratamente sul singolo evento. Cerco di spiegarmi. Che Ricciardo sia un manico non l’abbiamo scoperto certo domenica mattina: ma considerare una vittoria voluta e condita da due sorpassi epici sufficiente a chiedere a gran voce l’approdo in Ferrari mi pare francamente esagerato. Io stesso ho evidenziato la magnificenza delle due azioni ai danni delle Mercedes ma la questione resta confinata qui, al GP della Cina. Perché che se ne dica Ricciardo ultimamente è stato praticamente snobbato da tutti, mica solo dalla Red Bull. Svegliarsi così, di colpo, non è il massimo se non un’implicita ammissione di colpa. Inoltre va ricordato che, come successo alla stessa Ferrari in Australia, senza l’ausilio di un’interruzione con Safety Car probabilmente il successo di tappa sarebbe andato ad altri (leggasi Bottas), e sicuramente ora non si leggerebbe a gran voce un futuro in Rosso per l’australiano. 

Stesso discorso, ma al contrario, per Max. Poco importa che si sia scusato, poco importa che per una volta si sia mostrato dispiaciuto e non spocchioso. La sequenza di commenti nei suoi confronti dopo la toccata con Vettel è stata quasi da censura. E non lo trovo corretto, o meglio: si tratta di un comportamento esagerato sul momento, più di quanto lo era in passato. Ed il fatto che si tratti di reazioni sopra la media è dimostrato dal fatto che lo stesso pilota a distanza di poche settimane in questo periodo storico può essere esaltato o criticato, portato in trionfo o lasciato nel dimenticatoio. Invece di una linea dall’andamento sinuoso ci troviamo di fronte al tracciato di un terremoto: su e giù, su e giù. Esaltazione, denigrazione, complimenti, insulti. In questo modo è facile avere un Ricciardo in Ferrari dopo la Cina e un Ricciardo che ne so, in Toro Rosso dopo Baku (esagero, ovviamente). Che poi, se ci pensate, è quanto successo a Kvyat un paio d’anni fa: dopo aver ottenuto il primo podio per la Red Bull proprio a Shanghai, dopo poche settimane il russo era stato declassato a Faenza. 

In tutto questo gioco di rialzo e ribasso giocano un ruolo fondamentale, manco a dirlo, i social. Porti franchi dove la gente si può lasciare andare ai commenti più deliranti, sia in positivo che in negativo, enfatizzando a dismisura un’azione buona o un errore. Questo contribuisce agli up & down che un pilota vive durante l’arco della stagione, dei quali deve fare una media a fine anno per non dover impazzire ogni due settimane nel vedersi riempito di attestati di stima o repentine critiche. 

Sembra lo specchio dei tempi, dove conta sempre e solo il presente: senza la voglia di aspettare, senza mai uno sguardo sul futuro.

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