Dai rifornimenti alle gomme, dai piloti ai tassisti

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
26 Ottobre 2016 - 16:00
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Le riflessioni di questo ultimo periodo, analizzando gli ascolti per i quali uscirà un bel report più avanti, spaziano su diversi ambiti della Formula 1 degli ultimi 20 anni.

Per età anagrafica ho vissuto l’epoca più lunga della mia esperienza da tifoso/appassionato di Formula 1 con i rifornimenti in gara, dal 1994 al 2009. La foto di copertina si riferisce ad un pit di Lewis a Sepang, proprio nel 2009.

Sull’efficacia dei rifornimenti nel rendere un GP più spettacolare il pubblico mi pare più o meno diviso. Il gioco delle strategie era senz’altro complicato da comprendere fino all’ultimo terzo di gara, quando tutti si trovavano con la benzina necessaria ad arrivare in fondo e, finalmente, le posizioni si delineavano definitivamente. Inoltre l’obbligo di utilizzare in qualifica la quantità di carburante necessaria ad affrontare il primo stint alla domenica aveva violentato il concetto stesso di giro veloce al sabato. Solo per questo in molti posarono una legnosa croce sopra il refuelling in corsa.

Ma guardiamo un attimo ai giorni nostri. Ora la benzina per arrivare a fine gara ce l’abbiamo, a patto di saperla utilizzare bene. Ma con l’elettronica, le mappature e via dicendo, diciamo che questo è il minore dei problemi. Il grosso dei guai arriva qualche anno fa, quando la fantastica idea (partorita da chissà quale illuminato scienziato nei palazzi del potere a Place de la Concorde) di fare delle gomme uno strumento di gestione dello spettacolo consegna definitivamente la F1 a una marionetta in balìa delle coperture, che diventano inesorabilmente il dettaglio più importante di tutta la monoposto. Insomma, spendi centinaia di milioni di euro in progettazioni, galleria del vento, simulazioni, e poi tre gradi in meno sull’asfalto ti mandano tutto a puttane. E, inoltre, anche adesso si fa fatica a capire le posizioni effettive almeno fino a metà gara.

L’era delle gomme utilizzate come fonte di spettacolo ha rovinato ancor di più tutto, costringendo i piloti a diventare dei tassisti di lusso in quanto non più autorizzati a spingere quanto vorrebbero ma, anzi, obbligati ad esasperare il concetto di risparmio delle coperture, a livelli più consoni a gare endurance che non a competizioni da un’ora e mezza. Nel momento in cui questo avviene si assottigliano sì le differenze tra i piloti, ma al tempo stesso si perde di vista completamente il concetto che sta alla base di una competizione automobilistica, andare cioè più forte possibile con il mezzo a disposizione senza curarsi delle gomme, della benzina, di ricaricare le batterie, e chi più ne ha più ne metta.

Le attuali strategie basate sulle tre mescole sono, di fatto, equiparabili a quelle con più o meno carburante a bordo viste fino al 2009, con le dovute e marcate differenze tra cui una fondamentale. La gomma deve essere gestita, andando anche più piano di quanto non si vorrebbe, ed è subordinata alla temperatura della pista, al tracciato, etc. Definito invece il quantitativo di benzina, il pilota era libero di spingere quanto e come voleva senza doversi curare più di tanto delle gomme. Nessun pilota 15 anni fa parlava via radio come se fosse al cellulare con i meccanici e gli ingegneri, c’era da pestare sull’acceleratore.

Ecco perché a conti fatti, per quanto non visto di buon occhio da molti appassionati, il rifornimento garantiva comunque un certo livello di sincerità rispetto a quello che vediamo adesso in pista. Non che sia favorevole ad una sua reintroduzione oggi. Sarebbe un disastro senza eguali.

Ecco, io non vorrei ricorrere al “Si stava meglio prima”. Però…

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Un Commento su “Dai rifornimenti alle gomme, dai piloti ai tassisti”
Fabrizio Scognamiglio dice:

Ero veramente appassionato diF1….ora non più hanno fatto diventare uno sport motoristico privo di emozione!!!

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