Critiche ed elogi, due facce della stessa medaglia

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
19 Giugno 2018 - 13:51
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Sono due giorni che sento parlare in termini diametralmente opposti riguardo la conquista da parte di Alonso del secondo tassello della Triple Crown.

Ci si divide tra quelli che esaltano a dismisura il trionfo e chi lo sminuiscono a causa dell’assenza di concorrenti diretti per Toyota. Gli uni insultano gli altri in pieno stile Social e via dicendo.

Ora: questa Triple Crown è tornata di moda da un annetto circa, ovvero da quando Fernando ha optato per la 500 miglia saltando Montecarlo. Genericamente è un titolo di cui si è parlato poco negli ultimi lustri, altrimenti andrebbe ricordato che Juan Pablo Montoya è a 2/3 della Corona da 15 anni, ovvero da quando ha vinto nel Principato con la BMW aggiungendo il tassello al palmares che già contava la Indy500 del 2000. A conti fatti, quindi, attualmente sono due i piloti in lizza per completare il mosaico. Va anche ricordato che se Mclaren e Honda avessero fornito a Fernando materiale per lottare per il titolo in F1 dal 2015, forse le esperienze degli ultimi due anni sarebbero state posticipate.

Detto questo, non vedo perché le due sentenze che stanno animando i Social debbano essere messe una contro l’altra. La prestazione di Fernando a Le Mans era stata preparata a dovere con la gara di Spa (e prima ancora quella di Daytona) e, durante la 24 ore della Sarthe, si è visto chiaramente di che pasta è fatto lo spagnolo. Ha corso una gara senza alcuna sbavatura producendo un turno di notte di spessore, con un recupero costante e formidabile sulla Toyota gemella. Lo stint notturno è stato di fatto la perla della gara di Alonso a Le Mans, che è probabilmente valsa la vittoria alla vettura #8. Su questo nessuno può obiettare, nemmeno i detrattori più incalliti. I tempi parlano.

Al tempo stesso non si può non evidenziare come il successo Toyota fosse ampiamente previsto dal giorno in cui Porsche ha salutato la compagnia, perché se io vi proponessi un mondiale di Formula 1 con Mercedes ma senza Red Bull e Ferrari probabilmente nessuno di voi lo guarderebbe. Ammettere che Toyota ha giovato dell’assenza di Audi prima e Porsche poi nelle ultime due stagioni non significa automaticamente sminuire quanto fatto da Alonso in pista, bensì prendere atto del fatto che per l’unico team ibrido in pista il pericolo più grande veniva da se stesso (ricordando due anni fa) e non da altri team dello stesso livello.

Ricordo, e lo ricordo benissimo, quando ai tempi della Ferrari si diceva che Schumacher facesse incetta di vittorie solo grazie alla macchina nonostante in pista ci fossero anche Mclaren e BMW, i cui piloti alla fine dell’anno riuscivano magari a mettersi dietro Barrichello in classifica. Pensate cosa si sarebbe detto se i competitors fossero stati solo Jordan, Jaguar ed Arrows.

Quello che voglio dire è che lo spessore della prestazione di Alonso, Buemi e Nakajima (c’erano anche loro, ricordiamolo) resta tale, soprattutto per quanto fatto di notte dallo spagnolo. Ma, secondo me, sarebbe stato ancora più epico battere, oltre alla vettura gemella, altri equipaggi ibridi. Un po’ come fatto da Nico Hulkenberg, Earl Bamber e Nick Tandy nel 2015, trio di rookie e vincitori totalmente inattesi all’esordio con Porsche contro due vetture gemelle, tre Audi e due Toyota per un totale di otto vetture ibride.

Certo, ci mancherebbe, non è colpa di Alonso o di Toyota se la situazione attuale nel WEC è questa: resta solo l’amaro in bocca per non aver assistito ad una lotta più serrata per la vittoria.

Alla fine si tratta di due facce della stessa medaglia, quelle di chi esalta e chi critica. Contrapposte ma, forse, vere entrambe.

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Un Commento su “Critiche ed elogi, due facce della stessa medaglia”
Qong's dice:

“Le Mans” alle 1.30 del matino ha detto “Vince la Toyota #7”
Alonso alle 1.31 del mattino ha detto: “Non ancora, muoio prima di perdere” e ci regala a tutti un stint per la storia.

La cosa è molto più semplice però:

Se dai a Alonso un medio competitivo si sa al 100% che starà sempre nella lotta per la vittoria.

E questo lo rende grande e questo genera i discorsi da “anti”

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