Commentatori straordinari, considerazioni straordinarie

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Samuele Prosino
2 Marzo 2018 - 12:30
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Le Olimpiadi Invernali sono appena finite e come ogni edizione mi sono ritrovato imbambolato davanti a qualsiasi tipo di gara, dal biathlon al curling passando per slittini, sci, snowboard, dischi da ghiaccio, pattini e compagnia innevando.

Mi sono ritrovato di fronte alla piacevole sensazione di accendere la televisione e sentire dei commentatori sportivi, quelli di Eurosport per la precisione, che sanno esattamente di cosa stanno parlando. Gente che si fa prendere dall’entusiasmo se un italiano va davanti, ma che è ugualmente esaltata se è… lo straniero a fare il colpaccio da medaglia.

Tra tutti i commentatori della rete ora proprietà di Discovery si staglia, uno su tutti, Massimiliano Ambesi. Per me è una sorta di tuttologo, uno che farei impazzire a suon di domande tanto profonda è la sua conoscenza degli sport invernali. A Milano, sede di Discovery, fa la spola tra studio e cabina di commento; la sua conoscenza è così vasta da coprire un larghissimo numero di sport, dal pattinaggio short track fino al salto con gli sci. E se gli fai una domanda sullo sci alpino, sa dire la sua, con pronostici ragionati e inevitabilmente – salvo sorprese – corretti.

E così ho pensato: quanto mi piacerebbe avere un commentatore simile anche per il motorsport. Uno che sappia integrare la Formula 1 con la Formula E, il WEC con la Indycar. E forse esiste. Quello che manca, in realtà, è il sistema alla base (e parlo dell’Italia).

L’Olimpiade è un’utopia realizzata di gioia sportiva: per qualche settimana sono tutti immersi nella caccia alle medaglie, e se si è abbastanza aperti di mente si finisce a guardare di tutto. Fortunatamente la si fa semplice: ci sono dei favoriti e ci sono degli italiani. La speranza è di vedere trionfare degli italiani, e in mancanza di quello c’è sempre il talento degli altri, che crea lo spettacolo necessario. Nello snowboard halfpipe non abbiamo nessuno, ma che importa – realisticamente – quando si sa che a un certo punto arriverà Shaun White?

Il motorsport italiano è una tragedia greca costruita sulle occasioni mancate. A parte il discorso generale sulla mancanza di soldi (quando forse si penserà all’automobilismo come uno sport e non come una protuberanza del piano vendite delle case costruttrici, allora si progetteranno auto da corsa meno costose e a quel punto il modello di business sarà sostenibile) c’è quello della mancanza di comunicazione verso l’esterno. Ma siamo solo alla punta dell’iceberg. Un iceberg che è pitturato di rosso sotto il pelo dell’acqua. Un iceberg rosso che fagocita pagine e interesse lasciando al resto della compagnia le briciole. Un po’ come se nell’atletica venisse considerata soltanto la maratona e fossero snobbate tutte le altre discipline. Una bella speranza, quella di vedere tutto l’arco del motorismo italiano seguito con la stessa passione che si dedica alle rosse: le televisioni sarebbero lì pronte a trattare per una lunga serie di campionati, gli sponsor avrebbero più interesse a comparire, i piloti avrebbero altri sogni da seguire anziché infilarsi tutti nell’imbuto strettissimo chiamato Formula 1.

A quel punto il motorsport italiano sarebbe pronto alla sfida principale: ritornare al top in tutte le massime categorie, grazie ai suoi piloti. E ai commentatori verrebbe più facile parlare di un percorso fatto di campionati diversi, piste diverse, talenti diversi.

Molti tra appassionati e tifosi si stanno lamentando dell’HALO in F1: bene, questa può essere davvero l’occasione per aprirsi a nuovi orizzonti, testando la propria passione.

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