Che la Mercedes non creda più in Hamilton?

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
1 Agosto 2017 - 23:45
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A me il dubbio un po’ è venuto, vedendo Hamilton lasciare la terza posizione a Bottas all’ultima curva della gara ungherese. 

Mercedes, per voce di Wolff, ci racconta che il suo team spirit è improntato alla correttezza e alla lealtà: prima di tutto mi chiedo dove fosse Wolff quando nel 2013 la Mercedes percorse 1000 chilometri di test in barba a tutti. Ah, dov’era? In Mercedes? Ecco.

In secondo luogo mi rifiuto di pensare che un team di Formula 1 pensi prima di tutto alla lealtà quando il passato dice altro e (soprattutto) quando c’è in ballo un titolo mondiale. Gli anni passati dalla Spy Story sono dieci, ma sembra ieri.

Quindi, per quanto mi riguarda, c’è qualcosa sotto e non da ora. Ovvero la domanda che dà il titolo a questa riflessione. Che la Mercedes non creda in Hamilton quale campione assoluto? Perché insomma, ragazzi, parliamoci chiaro: costringere il tuo pilota più vincente a restituire tre punti al compagno, a sua volta in lotta per il titolo, non ha alcun senso se ritieni appunto il tuo pilota quale punta di diamante e la situazione di classifica ti impone di raccogliere il massimo. Ce lo vedete Vettel lasciare tre punti a Raikkonen nel 2017, Alonso a Fisichella nel 2006, Schumacher a Barrichello nel 2003 o nel 2000, e via dicendo? Io, sinceramente, manco per l’anticamera del cervello. 

Che poi Mercedes, sempre per voce di Wolff, ce lo dice anche che per il team i piloti hanno pari opportunità, ma è la motivazione (sempre quella della correttezza) che mi fa storcere il naso. Con la coppia Schumacher – Rosberg non ci sono mai stati problemi di sorta perché le preoccupazioni erano ben altre: finire le gare senza rompere o senza dover cambiare gomme una volta in più degli altri, ad esempio. Ma con l’inizio della convivenza Rosberg – Hamilton quest’ultimo non ha mai avuto il ruolo di prima guida assoluta che i numeri, l’ingaggio e l’interesse per il suo arrivo in Mercedes avrebbero dovuto assegnare di diritto.

Ma perché questo? Perché davvero Mercedes vuole dare pari opportunità ai piloti? Perché vuole dimostrare che la sua monoposto è capace di vincere chiunque la guidi? Perché Hamilton non è stato ritenuto così più forte dei compagni da meritare il tappeto rosso come altri grandi del passato?

Torniamo proprio a dieci stagioni fa quando la guerra tra lo stesso Lewis e Fernando Alonso ha portato ad un rubarsi punti a vicenda tale da favorire, a sorpresa, la Ferrari con Raikkonen. La situazione 2017 non è molto lontana, se ci pensiamo: abbiamo una Ferrari momentaneamente in testa e due compagni di squadra ancora in lotta per il titolo. Siamo così sicuri che Mercedes continuerebbe ad avvalersi delle gloriosissime e sportivissime pari opportunità se fosse sicura al 100% di poter puntare su un solo pilota ad occhi chiusi? Sarebbe da totali folli. Perdere un titolo così (perché il rischio è quello) sarebbe da presa in giro per anni. La situazione Mercedes, tra l’altro, è diversa da quella Red Bull ai tempi di Vettel e Webber, quando si gridava al mondo il pari trattamento tra i due mentre in realtà anche i muri sapevano chi fosse il pilota di punta. “Not bad for a number two driver” ce lo ricordiamo ancora, vero?! 

Wolff che dichiara che “perdere il mondiale per tre punti sarebbe un suicidio” a mio modo di vedere mente sapendo di mentire, perché evidentemente allo stato attuale delle cose non sa ancora quale dei due piloti gli porterà più punti. Non dimentichiamo che Bottas è a -19 da Hamilton con un ritiro: basta uno zero di Lewis e si torna quasi alla pari. All’inizio dell’anno, probabilmente, la situazione non era così in barba alle pari opportunità, visto che lo stesso Valtteri fu invitato in Bahrain a lasciare strada all’allora definibile Capitano. Cos’è successo, allora, da aprile ad ora, per vedere Lewis perdere otto secondi in un giro (l’ultimo) per restituire tre punti fondamentali per il mondiale al compagno, il quale in teoria proprio facendo il gregario dovrebbe guadagnarsi la riconferma in una stagione da contratto a tempo determinato? E se torniamo a Baku, quando Lewis dopo il problema al poggiatesta era dietro Vettel e un Bottas in rimonta su Stroll, perché Valtteri non ha rallentato di quei secondi necessari ad ostacolare (almeno) Seb da pura seconda guida? Perché Mercedes è un team dal team spirit puro e casto o perché forse, all’interno del team e come già successo con Rosberg, non si è sicuri al 100% di Hamilton? 

E qui veniamo al 2016, perché il team di Wolff e Lauda l’insegnamento ce l’ha dato proprio con il Campione in carica. Dal punto di vista dell’immagine, Mercedes ha mostrato di poter vincere indipendentemente dal driver, campione o universalmente riconosciuto buon pilota che sia con buona pace di Hamilton, dei complotti, del libro scandalo da pubblicare tra dieci anni e dello scambio di meccanici. Questa, tra l’altro, fu geniale, perché inconsapevolmente Lewis ammise che i meccanici scarsi per tre anni erano stati dall’altra parte del box…
Sotto questo punto di vista, Mercedes ha chiarito che non è il pilota che vince ma la macchina. Questo lo sapevamo anche noi alla luce delle prestazioni delle varie W05, W06 e W07, ma dal punto di vista dell’immagine per un team vincere con piloti diversi potrebbe essere ritenuto più prestigioso che farlo sempre con lo stesso driver. 

Ripercorrendo le immagini del box Mercedes durante la gara di Budapest appare evidente che ci sia stata una prima decisione di fermare Bottas non gradita a Wolff. Dopo il sorpasso di Lewis, propiziato da una pausa Autogrill del finlandese in curva 1, Toto si è lanciato al muretto come per chiedere chiarimenti sulla decisione degli ingegneri. Da qui sono apparsi i team radio che parlavano di restituzione della posizione qualora Lewis non fosse riuscito a prendere le Ferrari. Comunicazioni che, in un’ottica di team che dovrebbe puntare su Hamilton per il titolo, mi avevano fatto ridere durante la corsa, anche perché dopo il sorpasso Bottas si era staccato dai primi tre. La restituzione della posizione all’ultima curva, dopo un giro percorso a ritmo GP3, è stata seguita da un grido liberatorio dello stesso Wolff: si legge bene dal labiale, infatti, un soddisfattissimo “YES!” con seguente classico pugno sul bancone. Il gesto è stato male interpretato da molti, ovvero è stato dipinto come un segno di contrarietà dello stesso Toto nei confronti di Lewis. In realtà è stato un atteggiamento liberatorio, penso io, per la riparazione di un errore quale la prima decisione di lasciar passare l’inglese. Questo va a confermare la tesi che Mercedes, ad oggi, punta su entrambi i piloti quando in Bahrain sicuramente non era così.

La prestazione maiuscola di Sochi di Valtteri potrebbe aver influito in questo? Non lo so, ma sicuramente il finlandese ha stupito da lì in avanti e questo non può non esser stato notato dal team. Team il cui team principal, Toto Wolff, è stato suo manager praticamente fino alla fine del 2016. Valtteri, tra l’altro, ha dalla sua la costanza di rendimento: è andato a podio in otto delle dieci gare su undici portate a termine. Ma già nei test invernali, quando ancora lo si riteneva il maggiordomo di Lewis, aveva ben figurato. Hamilton, invece, è arrivato nei primi tre sei volte su undici. O stravince, o fatica.

Insomma, un anno dopo se non fosse per un Vettel nemico comune staremmo parlando di una situazione Hamilton-Rosberg bis, non prevista esattamente come la prima. Constatando quindi che la stagione 2017, in termini di prestazioni del compagno, è simile alle precedenti, potrebbe la Mercedes aver rivalutato all’interno del team non solo la situazione di Bottas quanto l’iniziale leadership di Lewis? A giudicare dalle ultime gare parrebbe proprio di sì, e l’ultimo episodio di Budapest ha del clamoroso: un qualcosa mai visto negli anni da parte dei grandi. Dovremmo tornare al 1999, a Sepang, per vedere un Campione come Schumacher lasciare spazio al compagno meno importante. Ma a quel tempo la motivazione era chiara e legittima, ovvero un titolo mondiale a portata unicamente del gregario Irvine, situazione unica nel suo genere.

Da qui, da quello spostarsi all’ultima curva, potrebbe dipendere tantissimo. Motivazioni, convinzioni, anche futuro. Cosa succederà? Lo scopriremo a partire da… Spa.

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