Che brutte le gare noiose… che belle le gare noiose

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
10 Giugno 2018 - 23:43
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Cambia pista ma non cambia la gara. Cambia vincente ed allora cambiano percezioni e priorità.

Tra Montecarlo e Montréal c’è un filo conduttore che lega due gare in cui succede poco di televisivamente appetibile ma molto di sincero: vince, cioè, chi merita di vincere. A Monaco Ricciardo resiste stoicamente con una Red Bull menomata, a Montréal Vettel comanda dall’inizio alla fine senza mai un dubbio. Insomma, sul gradino più alto sale chi ne è degno, e solo per questo tutte le altre gare meriterebbero, per rispetto nei confronti di chi vuole seguire uno sport, di proseguire su questa linea: senza Safety Car a stravolgerle, ad esempio. 

Di noia avevo già parlato dopo Monaco. Lì era colpa della pista se non si sorpassava, oggi non può essere colpa di Montréal: altrimenti che facciamo, eliminiamo anche questa dal calendario come qualcuno aveva chiesto vergognosamente per il Principato?

In ogni caso, come spesso capita, le gare sono noiose più che altro quando non vanno come si vuole. La cavalcata di Vettel metterà ovviamente in secondo piano, almeno da noi, il fatto che alla fine si sono visti più sorpassi due settimane fa che qui. E si tratta, personalmente, di un finto problema. Ho sempre preferito le gare lineari e sincere a quelle ribaltate dagli eventi, che in questo primo terzo di campionato hanno impreversato più del dovuto.

Che queste auto facciano fatica a passarsi lo sappiamo, ce lo siamo detto e ridetto. Al contrario, però, non è giusto né sano pretendere che lo debbano fare a tutti i costi, ad ogni giro o ad ogni curva, altrimenti diventa una pagliacciata. Anche a Montréal abbiamo avuto una meravigliosa terza zona DRS, che è servita a poco almeno nelle posizioni di testa. Si guardi alla Indy se si vogliono macchine senza fintume che riescono a stare in scia. 

La realtà di questi tempi dice che è cambiata la percezione dello spettacolo. Una volta era magico un sorpasso di qualità, adesso lo sono quelli di quantità. Una volta era bello vedere la perfezione di una gara dominata senza una sbavatura dall’inizio alla fine, ora si spera o inneggia alla Safety Car per rimescolare le carte. 

Il motorsport non dovrebbe essere un videogioco con i checkpoint, ma la prospettiva porta a quello, al rendere gare come le ultime due un’eccezione mal voluta da chi è stato istruito a pretendere l’effetto scenico a tutti i costi. 

“Che noia, non si passa” è lamentela giusta se l’intento è criticare auto che non riescono a star vicine l’una con l’altra, sbagliata se si pretende che sorpassi dopati rovinino i risultati.

Quindi bravi Daniel e Sebastian per aver vinto meritando le ultime due gare. La F1 un tempo era soprattutto questo, e tanti saluti alla noia.

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4 Commenti su “Che brutte le gare noiose… che belle le gare noiose”
Lole 1957 dice:

Ciao. Non ho mai partecipato a un blog ma mi sento nel dovere di aggiungere il mio appoggio al unico che considero veramente serio, equilibrato e competente. Dal mio nick avrete capito la mia età e origini. Mi sono appassionato di motori da piccolo quando mio padre mi schiacciava contro lo schienale accelerando col suo pick-up Studebaker V8. Come tanti dei miei connazionali ci siamo buttati nella F1 trascinati da Carlos Alberto Reutemann. Più avanti, giovane con tanto tempo da sprecare, seguivo in ESPN tutto ma proprio tutto avesse 4 ruote e un motore. Di gare oggi bollate come “noiose” ne ho viste incontabili ma personalmente non mi sono annoiato mai. Mi batteva il cuore da vedere un John Force senza fiato dopo una gara durata 4 secondi e mi batte ancora allo spegimento dei semafori (preferivo l’accensione del verde) anche in differita. Un vero appassionato non può annoiarsi, chi vuole solo lo spettacolo dovrebbe guardare altrove, se mai le “Figure 8 racing” che guarda caso sono molto popolari in USA patria del wrestling. Ma prendo nota rassegnato che il mondo gira sempre più banale, effimero, social e smart e le auto di strada sono solo dei telefonini con le ruote proprio come esalta una pubblicità. Parole come quelle di Alessandro Secchi e Lucifero Regazzoni mi rincuorano.

Alessandro Secchi dice:

Benvenuto e grazie per i complimenti ed il commento. Credo sia in atto, come ho scritto già in passato, un’inversione di tendenza preoccupante nella percezione dello spettacolo e i vostri commenti me lo confermano.

Lucifero Regazzoni dice:

La percezione di un evento varia sempre a seconda dell’orientamento emotivo di chi lo segue: se i ferraristi si sono annoiati nel weekend del principato, i tifosi Mercedes avranno di certo sbuffato per la gara canadese. È una cosa normale, la noia è una sensazione soggettiva, spesso indirizzata dalle aspettative e dai risultati.
Tuttavia, le lamentele petulanti contro le gare noiose e l’assenza di sorpassi, testimoniano derive molto più agghiaccianti. 1) lo spettatore vuole essere intrattenuto pretendendo che il gran premio sia uno spettacolo, quindi ha ormai abbandonato l’approccio sportivo del seguire l’evento per quello che è. 2) il circus pare interpretare questo bisogno come un segnale di crisi e, incalzato dalle televisioni, sta provando a declinare un format diverso con fini di audience. 3) anche i piloti si lamentano, e questo senza che abbiano alcuna preoccupazione televisiva. Quindi anche la parte tecnica va in una direzione fallimentare, giacché chi guida non riesce ad esprimersi nella competizione sportiva.
In linea di principio credo che la crisi di noia attuale derivi da diversi fattori, uno dei quali è lo stesso che ha reso la F1 un grande fenomeno globale: Bernie Ecclestone. Intendiamoci, Bernie è stato importantissimo, non voglio certo criticarlo, senza di lui la F1 non sarebbe quella di oggi… Però, per ottenere i ricavi miliardari a cui il circus è abituato, ha dovuto confezionare un prodotto vendibile sul piano dello spettacolo, alimentando, nel tempo, le aspettative dello spettatore.
Oggi non ci si accontenta più di assistere allo svolgersi di uno sport, ormai c’è la pretesa che ci debba essere qualcosa di mirabolante da vedere, quasi come se fosse dovuto, e la cui mancanza scatena accuse dai tifosi e crisi identitarie per gli addetti ai lavori. Infatti, a prescindere da ciò che succede in pista, oggi un gran premio è ritenuto bello solo se regala spettacolo e, nello specifico, se ci sono sorpassi.
Ecco, i sorpassi, un altro fattore che testimonia decadenza è l’ossessione dei sorpassi. Una volta l’appassionato si accontentava di guardare dei pazzi che sfrecciavano eroicamente su di un nastro asfaltato sfidando la morte. Ognuno aveva il proprio pilota preferito, ma, più che la vittoria o il sorpasso, quello che interessava l’appassionato, era veder correre le monoposto. Certo, erano tempi molto più epici, perché c’era ancora sul piatto, per i piloti, il rischio concreto di perdere la vita guidando.
Oggi la corsa in sé non basta più, la gente vuole i sorpassi. Questo, a mio avviso, è un bisogno indotto, un feticismo che conferma una volta di più che il gran premio ha perso connotazione sportiva per trasformarsi in uno show in tutto e per tutto. Quando le partite di pallone finiscono zero a zero nessuno grida allo scandalo, non si pensa di intervenire sul calcio per modificarlo, invece con la F1 non ci sono remore a distorcere una disciplina aggiungendo stratagemmi che la snaturano (DRS).
Questo insegna che se si pone un evento sportivo nell’alveo dello showbusines, oggigiorno, per essere competitivi, c’è bisogno di effetti speciali. Credo sia una cosa che Liberty Media abbia capito bene, e questo mi fa temere per il futuro. Del resto non hanno retaggi motoristici, come Ecclestone, ma sono puramente una società mediatica. Perché mai dovrebbero avere a cuore l’integrità di uno sport? Meglio studiare pacchetti scenografici come probabilmente sarà Miami, perché funziona meglio una monoposto filmata con un grattacielo e il mare sullo sfondo, rispetto ad una che esce dalla Parabolica, o inizia la salita di Eau Rouge.

Alessandro Secchi dice:

Commento illuminante, col quale sono d’accordo al 100%.

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