Cercasi costanza e alla svelta

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 4 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
25 Maggio 2017 - 09:00

Come preannunciato, questo è il secondo di una serie di due articoli iniziata con le mie opinioni su Zarco, per condividerle e magari confrontarle con voi. Su Iannone… beh, io non vorrei scrivere ciò che troverete nei paragrafi in basso, ma la verità bisogna sputarla ogni tanto fuori dai denti. Non si può sempre distogliere lo sguardo, quindi apprestiamoci a parlare di Andrea Iannone e del suo rendimento nel 2017.

E come descrivere fino a qui la stagione di Iannone? Io direi pietosa, nel senso proprio del termine. Quando non va, non va per niente, mentre quando va ci pensa lui a stendersi. Su quest’ultimo punto il pensiero va ovviamente alla notte del Qatar, con un’altra, l’ennesima caduta mentre un risultato buono era a portata di mano. Dopodiché il nulla, il vuoto cosmico. 15 miseri punti racimolati e una maniera d’iniziare l’avventura in Suzuki pessima, contro i 25 del 2016 e soprattutto i 61 del 2015 dopo i primi 5 round. Cosa inspiegabile, roba da X-Files.

Che la Suzuki non sia la moto che tutti vogliono è chiaro, nulla da dire su questo. Il team giapponese, ritornato in pompa magna dopo due anni di test, ha fatto capire che la base d’appoggio era buona ma ancora lontana dagli standard posti da Honda e Yamaha. La GSX-RR, fino all’anno scorso, aveva un buon telaio e buona ciclistica, ma come ben sappiamo era carente in accelerazione e velocità di punta. E con avversarie come Ducati, che puntano moltissimo sulla potenza, non è mai facile. Però, nonostante tutto, l’anno scorso è riuscita a salire lassù, sul gradino più alto del podio. Grazie a quel diavolaccio di Vinales che ora sta tanto facendo impazzire Valentino Rossi in Yamaha.

Con questo voglio dire che, seppur il mezzo inferiore, il talento lo si riesce a far emergere chiaramente e l’abilità di un campione si vede anche su altri piani: professionalità, freddezza, lucidità, presa di decisioni in pochi attimi di corse. Tutte abilità che il precedente pilota Suzuki aveva. Tutte abilità che mancano ad Andrea; anzi, è più corretto dire che sono tornate a mancare (e su questo punto torneremo a breve).

Oramai ogni weekend è costellato da sue dichiarazioni al vetriolo al microfono, dove parla di una moto con cui non si trova, che sembra avere solo aspetti negativi, inguidabile in prova, eccetera. Roba che neanche il Rossi della Ducati o dei peggiori anni in Yamaha si azzardava a dire male contro la propria moto, anche se nettamente inferiore alle concorrenti (magari parlava dopo, però almeno durante la stagione se ne stava zitto e buono).

Il fatto che mi dà più l’orticaria però è proprio la regressione di Iannone. Se fosse un pilota mediocre di metà classifica ci metteremmo tutti una pietra sopra, perché uno che non ha mai mostrato voglia di vincere o velocità se ha una moto di metà classifica può fare poco. Ma la cosa sconvolgente è che questa discesa devastante iniziata nel 2016 è avvenuta proprio dopo l’anno migliore, più maturo di Iannone, dopo un 2015 in cui ha collezionato solo tre ritiri (di cui uno per guasto) e ben 188 punti, ma dove soprattutto ha dimostrato di giocarsela appieno per vittorie e podi in tracciati anche difficili per la Ducati. Vi ricordo la sua gara di Phillip Island, la migliore che abbia mai fatto a parer mio.

E invece, nel 2016, il crollo. “Iannonate” a destra e a manca (con l’Argentina come suo punto più basso, dove ha distrutto l’ottimo weekend ducatista), cadute come se grandinassero e la bocciatura da parte del team ufficiale che gli ha preferito Dovizioso come compagno di Lorenzo. Forse meno talentuoso, ma almeno la percentuale di moto ammaccate da lui è a una sola cifra. Ci sono stati anche degli acuti nella stagione di “The Maniac”, come la sua prima vittoria in Austria, ma non mi bastano per dare la sufficienza al 2016 di Andrea, proprio no. Bilancio finale impietoso, con 6 ritiri.

Che sia stato un calo fisico? Oppure psicologico, con un Pernat che non gli ha fornito sufficiente sicurezza? La Suzuki per Iannone è come la Ducati per Lorenzo, cioè serve uno stile di guida nettamente opposto? Magari è stata davvero la farfallina di Belen a farlo rincitrullire in queste due stagioni? Nessuno lo sa per ora, ma una cosa la sanno tutti: il Mugello è il suo circuito preferito, dove l’anno scorso la Suzuki si è qualificata seconda e dove lui ha infilato due podi in due anni. Sarà un crocevia fondamentale per il #29, perché così non può continuare.

Fonte immagine: Internet (per segnalare il copyright info@passionea300allora.it)

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