C’erano una volta le rotture

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
3 Luglio 2018 - 09:30
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Una delle grandi variabili che si è persa da quando la Formula 1 si è convertita alla classe Economy (che poi di economico c’è ben poco), con la progressiva standardizzazione delle componenti, è legata all’affidabilità durante l’arco di gara.

Quanto successo alla Mercedes in Austria, con Hamilton e Bottas entrambi fuori gioco per noie tecniche, appare ad oggi evento raro, incomprensibile, per alcuni addirittura vergognoso. Questo dà l’idea di quanto negli ultimi quindici anni l’affidabilità abbia raggiunto livelli tali per cui la possibilità di un problema durante la gara non viene quasi più contemplata. Si tratta ormai di un evento talmente raro da non passare neanche per la testa. Certo, ci sono eccezioni come quelle di Honda degli ultimi tre anni, ma parlando in generale il livello di “sicurezza” si è alzato decisamente.

Il raggiungimento di questo standard è dovuto anche alla necessità di produrre Power Unit adatte a percorrere migliaia di chilometri, con un certo margine di sicurezza sulla distanza rispetto ai tempi andati; quando, cioè, il motore era studiato per dare il massimo per un Gran Premio per poi diventare oggetto d’arredamento per musei oppure il salotto di qualche fortunato.

La progressiva sparizione di questa variabile rende, come conseguenza, più prevedibili i Gran Premi. Una Mercedes che piazza le due monoposto in prima fila, a meno di scontri tra i due piloti, difficilmente avrà problemi a terminare la gara con entrambi. Ecco perché, al di là del problema gomme, la gara di Spielberg è stata percepita in modo più entusiastico da parte di molti. Il doppio ritiro dei campioni in carica, unito a quello di Ricciardo ed alla pirotecnica fumata della Renault di Hulkenberg, hanno spalancato le porte a Verstappen in primis, al rientro di Vettel in zona podio e, ad esempio, alle Haas che hanno portato a casa un quarto ed un quinto posto ampiamente meritati.

Anche l’attesa e l’ansia sono diverse da quando l’affidabilità non è più un problema primario. Vent’anni fa, quando il proprio pilota preferito era in testa, una delle preoccupazioni maggiori era legata alla possibilità che capitasse qualche problema tecnico. Gli ultimi giri erano un’apnea nello scrutare la monoposto, curva dopo curva, sperando di non vedere qualche movimento anomalo o magari sentire qualche suono strano. Ora non è più così. Le preoccupazioni dei giorni d’oggi sono quelle di una Safety Car o di una Virtual che possono stravolgere i valori da un momento all’altro, sfavorendo un pilota in favore di un altro; in questo 2018 è capitato più volte.

È un pensiero, questo, nato dalle reazioni al doppio KO Mercedes, accolto come un evento eccezionale. Un po’ come la rottura del motore da parte di Hamilton in Malesia nel 2016, per dire. Eppure, una volta, la rottura era presente, contemplata, metabolizzata. Faceva parte del gioco e, in fondo, era essa stessa motivo di spettacolo e rimescolamento delle carte. Più sincero, direi, di altri a cui siamo abituati ai giorni nostri.

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