Caso Vettel: nulla di cui stupirsi

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
8 Settembre 2019 - 22:19
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“Se da una parte, come si è sentito a più riprese, Kimi è stato congedato durante il weekend monzese ed ora si sente libero di correre senza dover “servire” il team, siamo sicuri che un Leclerc al suo posto, trovandosi magari a pari prestazioni con Vettel, farebbe il secondo a testa bassa alla Bottas? In questo bisogna inquadrare la situazione dello stesso Vettel. Perché se i dubbi su di lui iniziano ad essere corposi anche all’interno del team la scelta del monegasco diventa una premessa alla sua uscita a fine 2019, con Charles libero di agire in barba a qualsiasi team order alla Hamilton 2007 per poi divenire prima guida dal 2020. Se invece il tedesco è ancora il numero uno in seno alla squadra, il pilota con cui la Ferrari vuole puntare al benedetto mondiale, a mio modo di vedere piazzargli a fianco un potenziale fenomeno può solo creare un nuovo disagio. Per capirci intendo un qualcosa di simile a quello del 2014 in cui, ormai avviato all’uscita da Red Bull, Ricciardo lo ha messo sotto senza troppi complimenti.”

Parole scritte su queste pagine esattamente un anno fa

È inutile stupirsi del fatto che Vettel ne abbia combinata un’altra delle sue, tra l’altro nel posto e nel momento peggiore possibile. Perché ripetere Monza 2018, nel giorno in cui Leclerc conquista definitivamente il tifo Ferrari, sa di fine psicologica della sua esperienza in rosso e, aggiungo, una pietra clamorosa sull’intera carriera. Credo che su questo si possa dubitare relativamente poco.

Poco interessa alla gente, d’altronde, che il monegasco gli abbia teso il trappolone in qualifica – “morte tua, vita mia” – disobbedendo all’ordine di tirargli la scia per quella che sarebbe potuta essere la sua pole. Charles sa bene di avere il sostegno di tutti e di potersi permettere certi sgarbi. Con la vittoria si passa sopra tutto (“Oggi sei perdonato”, gli ha detto Binotto dopo il traguardo) ed i cocci sono tutti del tedesco, che se ne va da Monza incazzato nero ma incapace di reagire, abbozzare una ripresa, steso al tappeto senza forze per rialzarsi ormai da mesi.

Poco interessa alla gente la dietrologia, sia su questa Monza che su quella dell’anno passato con Raikkonen scaricato prima delle qualifiche e libero da vincoli. Contano i risultati ed i risultati dicono che Leclerc è ufficialmente la prima guida della Ferrari. La sensazione – mia, sbaglierò – è che in realtà questo sia lo status vero non da oggi, non da una settimana fa, ma da quando è stato annunciato. Se ad un pluricampione affianchi un potenziale fenomeno sai che rischi corri, o almeno dovresti saperlo. Il rischio è stato corso – sta pagando – e la situazione ora è chiarissima, con un fenomeno di 21 anni carico a molla dopo due vittorie di fila ed un quattro volte campione del mondo – dallo stipendio da decine di milioni di euro – ombra di se stesso, falloso come il Montero dei tempi migliori e senza una via d’uscita. Perché se già l’opinione pubblica – media inclusi – gli aveva messo una croce sopra diverso tempo fa, adesso c’è anche l’altro lato del box a fornire il carico da 90.

Vettel è spento, incomprensibile ed anche sfigato nei rari momenti in cui sembra essere a posto. Ci si aspetta sempre una ripresa che non arriva, un colpo che non parte, un sussulto che resta inatteso, un moto d’orgoglio, insomma un qualcosa che non c’è. L’incazzatura del dopo qualifiche, invece che trasformarsi in energia per recuperare, ha portato ad un altro errore. Lo sgarbo subito dal giovincello al sabato non ha intaccato di una virgola il suo essere uomo squadra, con quel levarsi da doppiato all’arrivo del compagno. Ricordo un Alonso talmente infastidito da bloccare Hamilton in pitlane a Budapest. Niente, encefalogramma piatto. Resta solo il parlare in inglese quando è incazzato e farlo in italiano quando è più tranquillo.

La stagione 2015 sembra lontana secoli ed è veramente difficile trovare una spiegazione ad una mutazione del genere. Troppo facile parlare di broccaggine, incapacità, culo degli anni in Red Bull e via dicendo. Di certo, dopo ormai 12 anni di Circus – fa spavento pensare a come passa il tempo – possiamo inquadrare Sebastian Vettel come un pilota che ha bisogno di essere supportato moralmente al 100% dal suo team per rendere al 105%. E non parlo di avere la macchina migliore come nel 2011 o 2013, ma di ambiente, come nel 2015. Se il supporto scende anche al 90%, “tanti saluti”. Un limite non compatibile soprattutto con un ambiente come la Ferrari, dove tutto è moltiplicato – critiche soprattutto – in modo esponenziale. Anche negli altri team ci sarebbero questi problemi, se Hamilton avesse a fianco un Ocon o se Verstappen avesse ancora intorno Ricciardo; in Mercedes, però, non vogliono un altro 2016 (a proposito, Lewis sotto pressione ci ha lasciato un mondiale) e in Red Bull fanno ruotare tutto il parco baby attorno a Max piuttosto che prendere un big.

Per chiudere: come detto tutto questo era prevedibile da un divano, figuriamoci da chi vive di questo all day. Quello che c’è da chiedersi è come sarà possibile per Vettel ripresentarsi al via del 2020 in questa situazione, con un rapporto globale con la Ferrari (intesa nella sua completezza, tifosi inclusi) ormai fratturato ed un Leclerc ancora più forte e supportato. Sembra assurdo ma piuttosto che vivere un altro anno così, considerate le poche alternative, forse sarebbe davvero il caso di chiudere con la rossa un anno prima della scadenza ed aspettare l’ormai famoso 2021. I contratti valgono fino ad un certo punto e credo che anche la Ferrari potrebbe preoccuparsi di più della macchina che della gestione piloti con il solo Leclerc come punta di diamante. La FDA è fornita, non sarebbe un problema trovare una buona seconda guida.

Spiace umanamente per un ragazzo che apprezzo per il suo modo di fare, per quanto il Vettel non pilota si comporti in modo controproducente per gli standard attuali di un business come la Formula 1. Mi ricorda me, per certi versi… Ora però credo sia chiaro che la situazione è impossibile da ribaltare e che, forse, è il caso di fare delle scelte, anche drastiche, per il bene di tutti.

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