Campioni per sempre | Jochen Rindt, campione alla memoria

Campioni per Sempre
Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
13 Febbraio 2017 - 16:00

L’incidente in cui perde la vita Jochen Rindt durante le prove del Gran Premio d’Italia 1970 non soltanto, e soprattutto, spezza l’esistenza di un uomo, marito e padre di appena ventotto anni ma toglie agli appassionati uno dei più talentuosi e spettacolari piloti. Neanche due anni e mezzo dopo la scomparsa della leggenda Jim Clark, il Circus piange un altro eccellente protagonista che avrebbe potuto misurarsi, a lungo e da Campione, con nomi come Stewart, Fittipaldi e lo stesso Clark, dando vita a lotte e rivalità leggendarie.

Jochen Rindt nasce in Germania nel 1942, nell’epoca più buia per il Vecchio Continente: sotto i bombardamenti alleati moriranno i suoi genitori, il piccolo si sposterà dunque dai nonni in Austria e correrà con licenza austriaca tutta la sua carriera.

Rimasto affascinato dai bolidi di Formula 1 che ha ammirato dal vivo al Gran Premio di Germania 1961, inizia la sua carriera dal Turismo dove si distingue alla guida di un’Alfa Romeo GT 1300 con cui coglie le prime vittorie.

Nel 1964 si affaccia alla Formula 2 con il suo stile che da sempre è impetuoso e aggressivo ma anche spettacolare e redditizio, sempre in controsterzo e vicino all’uscita di pista, uno stile riconoscibile e amatissimo dal pubblico. Già nel 1964 Rindt si mette in luce nella formula cadetta, quando il 18 maggio a Crystal Palace mette in riga tutti sopravanzando nomi come Clark e Graham Hill. Diventerà un maestro, una leggenda della serie, dove continuerà a correre anche per tutta la durata della sua permanenza nella massima serie. Il 23 agosto debutta anche in Formula 1 nella gara di casa di Zeltweg con una Brabham-BRM, ritirandosi però a metà gara. Si iscrive anche alla 24 Ore di Le Mans ma non riesce nemmeno a guidare per un guasto tecnico, ma avrà l’occasione di rifarsi…   

Il 1965 vede l’austriaco partecipare a tutta la stagione di Formula 1 con una Cooper Climax con un quarto posto in Germania come miglior risultato. Questo è però un anno da ricordare per l’inattesa vittoria alla 24 Ore di Le Mans. Jochen partecipa con una Ferrari 250 LM con Masten Gregory come compagno di squadra. La gara non parte bene, il motore singhiozza e si spegne dopo un pit stop di Gregory, Rindt crede che l’avventura sia finita e si toglie la tuta, rimettendosi i propri abiti civili. Le riparazioni durano trenta minuti poi la macchina può ripartire e i piloti decidono di giocare il tutto per tutto, attaccando al massimo. Jochen guida nella notte e riesce a rimontare dal diciottesimo al terzo posto mentre Gregory completerà l’opera portando a casa la storica vittoria. Con la stessa macchina vincerà anche la 500 Km di Zeltweg.

Nel biennio successivo non ottiene grandi risultati né a Le Mans né in Formula 1 anche se nel 1966 con due secondi e un terzo posto conferma la propria bravura giungendo terzo nella classifica finale; particolarmente degno di nota il primo podio a Spa con una corsa coraggiosa e all’attacco sotto la pioggia battente. Il 1967 è povero di soddisfazioni e ottiene due quarti posti, le uniche due gare in cui riesce a terminare la corsa.

Nel 1968 passa alla Brabham-Repco, macchina vincente nel recente passato ma che non può opporre troppa resistenza alla potenza del motore Cosworth; arrivano così solo due podi, due terzi posti in Sudafrica, nel giorno dell’ultima vittoria del suo grande amico Clark, e in Germania in una giornata di pioggia e nebbia.

Jochen passa per il campionato successivo alla Lotus, una vettura notoriamente veloce ma molto pericolosa. Per questo motivo il cambio avviene controvoglia ma il pilota sa che la Lotus è l’unica macchina che gli può consentire di vincere il titolo. Rindt non fa nemmeno mistero di non fidarsi della sua squadra e lo dice pubblicamente in televisione quando in Spagna le sospensioni sulla macchina sua e di Hill saltano e i piloti hanno due incidenti identici. Sebbene l’anno gli riservi sette ritiri, Rindt è chiaramente visto come il solo rivale futuro del campione Stewart con cui ha uno splendido duello in Inghilterra. Chiude il campionato al quarto posto finale in classifica ma con la prima splendida vittoria a Watkins Glen nel giorno di un grave incidente per Graham Hill.      

Il 1970 lo vede assoluto dominatore: dopo qualche gara di assestamento e i consueti problemi di affidabilità della Lotus, l’austriaco ottiene cinque vittorie di cui quattro consecutive che lo proiettano in testa alla classifica del mondiale. Rindt è tragicamente premonitore e afferma “Tutta questa fortuna è eccessiva, non vorrei che le cose cambiassero di colpo”.

Quando arriva a Monza ha venti punti di vantaggio su Brabham, secondo a quattro gare dalla fine. Jochen in prova frena con la sua Lotus per affrontare la Parabolica ma la vettura sbanda e finisce contro il terrapieno, uccidendolo praticamente sul colpo. Lo choc è enorme tra colleghi e appassionati che lo riconoscono da subito come il vero Campione del Mondo di quell’anno. In realtà bisogna aspettare il quarto posto di Ickx negli Stati Uniti per avere la matematica certezza della vittoria di Jochen, così sua moglie Nina può ricevere dall’amico e rivale Stewart a Parigi il trofeo del vincitore, un riconoscimento doveroso e unico per quello che è l’unico Campione del Mondo postumo della storia della Formula 1.

Immagine: internet (per segnalare il copyright inviare una mail a info@passionea300allora.it)

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