Campioni per sempre | Jody Scheckter, l’orsetto

Campioni per Sempre
Tempo di lettura: 5 minuti
di Giacomo Maltinti
2 Giugno 2017 - 18:30

Il nome del sudafricano Jody Scheckter ha provocato a lungo in una miriade di tifosi ferraristi un sentimento dolceamaro. E’ stato un campione del mondo con la Ferrari ma ha anche rappresentato l’ultimo trionfo nel campionato piloti prima di un digiuno lungo ventuno anni, prima che Michael Schumacher nel 2000 spezzasse l’incantesimo, riportando a Maranello il titolo mondiale.

Il pilota sudafricano inizia la sua carriera in patria ma nel 1970 si trasferisce in Gran Bretagna a seguito della vittoria del campionato nazionale di Formula Ford che dà anche diritto ad una borsa di studio. La sua ascesa verso l’olimpo è rapidissima e due anni dopo debutta addirittura in Formula 1 con la McLaren che intravede del talento in quel pilota tanto veloce quanto irruente, tanto determinato in pista quanto schivo e taciturno fuori. Il debutto a Watkins Glen è buono ma non straordinario, guastato da un testacoda che lo fa retrocedere al nono posto finale.

Confermato per il campionato 1973, Jody si mette in luce, anche se non nel modo più desiderato: in Francia alla sua terza gara assoluta entra in collisione col campione in carica Fittipaldi che si lamenta di lui, in Gran Bretagna innesca la più grande carambola della storia della Formula 1 prima di Spa 1998, quando un suo testacoda provoca un multiplo incidente che coinvolge 13 vetture tra cui De Adamich che si frattura le gambe. Messo a riposo forzato per quattro gare su iniziativa dei suoi colleghi, torna e in Canada butta fuori Cevert con cui litiga e col quale non si potrà mai più chiarire perché il francese morirà quindici giorni dopo a Watkins Glen.

La McLaren decide di non confermarlo e Scheckter riparte dalla Tyrrell. Il burbero Ken Tyrrell riesce nell’impresa di cambiare il sudafricano che, a partire dall’anno successivo, si distinguerà per il suo giudizio e la sua regolarità in corsa. A dire il vero, parte del cambiamento può essere stato indotto anche dal fatto che Jody è stato il primo a fermarsi e prestare aiuto all’ormai esanime François Cevert dopo l’incidente, un’immagine molto forte che può aver contribuito a renderlo più consapevole dei rischi del mestiere.

Con un maggiore autocontrollo arrivano anche i risultati e Jody conquista i primi punti, i primi podi e le prime vittorie in Svezia e Gran Bretagna fino a classificarsi terzo nella classifica assoluta.

L’anno successivo, pur importante a livello di maturazione, è meno soddisfacente quanto a risultati sebbene l’unica vittoria ottenuta sia quella in casa. Il 1976 è l’ultimo anno in Tyrrell e la storia tra Jody e il team si chiude con buoni risultati e il terzo posto finale, frutto della vittoria in Svezia con il mitico modello P34 ma anche quattro secondi posti, tre quarti, tre quinti e un sesto piazzamento, quale prova del definitivo cambiamento di Scheckter.

Jody decide di scommettere sulla neonata scuderia Wolf, creatura dell’omonimo miliardario. I due in Argentina, al debutto assoluto, stupiscono il mondo con una sorprendente vittoria. Ne seguiranno altre due a Montecarlo e in Canada e con due piazzamenti d’onore e quattro gradini più bassi del podio, Scheckter è vice campione del mondo dietro a Lauda. L’anno successivo porta discreti risultati e vari podi ma la Wolf non riesce a ripetersi a livelli altissimi e il sudafricano viene scelto da Enzo Ferrari in persona per guidare la Rossa di Maranello.

Molti dubitano che il rapporto tra lui e Gilles Villeneuve possa essere cooperativo e pronosticano che questo sfoci presto in un litigio ma è un errore clamoroso perché i due non soltanto lavoreranno benissimo ma diventeranno anche grandi amici. La collaborazione è totale come la dedizione, rafforzata da un rapporto di stima sincera. I due scherzeranno anche sulle strade di viabilità ordinaria, improvvisando dei veri e propri gran premi sulle autostrade che portano a Maranello, impegnando e allarmando squadra e polizia stradale.

Il campionato 1979 è quello del trionfo mondiale, Jody Scheckter si laurea campione del mondo ed è un successo ampiamente meritato. La macchina, la Ferrari 312T4, non è perfetta ma è guidabile, potente e soprattutto affidabile e facile nella messa a punto. Arrivano tre vittorie, tre piazze d’onore, quattro quarti, un quinto e un sesto posto ma tra tutte spicca la vittoria di Monza che dà la certezza del titolo iridato.
Prima della corsa Gilles Villeneuve, che avrebbe ancora la possibilità di laurearsi campione, accetta di “scortare” il compagno e in parata i due tagliano il traguardo: giunge la vittoria della gara per la doppietta Ferrari che porta i titoli piloti e costruttori.

Nel 1980 la Ferrari soffre e la 312T5, il modello che dovrebbe essere l’evoluzione della vettura iridata, non riesce a tenere il passo delle esasperate wing cars. La macchina non si mette a punto con la stessa facilità dell’anno precedente, manca la velocità e Scheckter coglie solo un anonimo quinto posto. A fine anno, dopo una stagione che lo ha visto testimone anche di numerosi pericolosi incidenti, come quello di Prost in Sudafrica, di Surer, di Jabouille, di Regazzoni a Long Beach e la morte di Depailler, decide di ritirarsi dalla Formula 1 e di dedicarsi unicamente all’imprenditoria dove si affermerà nel settore della sicurezza e quello dell’agricoltura.

Immagine: internet (per segnalare copyright info@passionea300allora.it

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