25 anni senza il Drake. Biografia di Enzo Ferrari – Parte 2/4

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Tempo di lettura: 16 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
16 Agosto 2013 - 19:15
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Ecco la seconda parte del nostro Speciale sul 25° anniversario della scomparsa di Enzo Ferrari.

Leggi la prima parte

Firmato da Giovanni Talli e Giuseppe Annese

All’inizio del 1940, mentre scoppia il secondo conflitto mondiale, il marchese Lotario Rangoni Macchiavelli ed Alberto Ascari, figlio di Antonio, chiedono a Ferrari di costruire una vettura per partecipare alla Mille Miglia. Enzo accetta con entusiasmo facendo progettare ad Alberto Massimino due macchine con il motore da 1500 cc ad 8 cilindri, utilizzando anche pezzi di provenienza FIAT. Le vetture, costruite nel capannone di Viale Trento e Trieste, sono denominate Auto Avio Costruzioni 815, dal nome della società appena fondata dallo stesso Ferrari per contrastare la concittadina Maserati che aveva appena trionfato nella 500 Miglia di Indianapolis. Le 815 hanno vita breve e poco fortunata anche perché il 10 giugno l’Italia entra in guerra e l’azienda di Ferrari viene riconvertita in fabbrica di macchine utensili con oltre 100 dipendenti ed un buon fatturato.

Sempre proiettato verso nuovi traguardi, Ferrari acquista un terreno a Maranello, un piccolo centro rurale a circa 15 chilometri da Modena dove, usufruendo della legge per il decentramento industriale, fa edificare un nuovo capannone nel quale si insedia sul finire del 1943.

La situazione familiare non è delle più rosee. La moglie Laura ricopre un ruolo sempre più marginale anche a causa dei suoi problemi di salute mentre la storia con Lina arriva ad un punto cruciale quando la donna annuncia a Ferrari di aspettare un figlio da lui. La guerra riserva poi un’amarissima sorpresa a Ferrari che viene “avvertito” di essere stato condannato a morte dai GAP di Modena per presunte simpatie fasciste. Per evitare l’esecuzione e dimostrare la sua opposizione al regime, Enzo sovvenziona la lotta partigiana consegnando un milione di lire al dottor Giuseppe Zanarini, rappresentante del Comitato Nazionale di Liberazione ed eroe della Resistenza, col quale in seguito stringerà una sincera amicizia. Nell’inverno del ’44 la fabbrica di Maranello viene bombardata due volte ma non riporta gravi danni.

Finalmente il conflitto ha termine e, per la gioia di poter finalmente diventare un costruttore di auto, Ferrari gratifica i suoi dipendenti con 1.500 Lire ciascuno. Dulcis in fundo, il 22 maggio 1945 nasce Piero che acquisisce però il solo cognome della madre, Lardi. La donna ed il neonato si trasferiscono a Castelvetro, nei pressi delle officine Ferrari di Maranello.

Nel mese di luglio, tramite l’amico comune Franco Cortese, Ferrari convoca a Modena l’ingegner Gioacchino Colombo che, nel frattempo, era stato epurato dall’Alfa Romeo per i suoi ideali fascisti ed ora si guadagnava da vivere fornendo consulenze tecniche. Il motivo dell’incontro è la proposta di costruire insieme una nuova vettura da corsa e l’ingegnere lombardo, con un suo suggerimento, fa svanire gli ultimi dubbi a Ferrari riguardo all’architettura del motore che sarà un dodici cilindri aspirato, un’idea che balenava nella mente del costruttore modenese fin dal 1919 quando restò affascinato dalla Packard, una vettura americana che correva a Indianapolis. Nonostante il modesto compenso, Colombo accetta di collaborare al progetto e si mette subito al lavoro per far nascere la Ferrari 125 (la sigla identifica la cilindrata unitaria del motore).

L’attività di Ferrari non si limita alla costruzione della sua prima automobile da corsa. Avvia l’ampliamento della fabbrica destinata a produrre vetture GT per clienti danarosi e fonda una scuola tecnica rivolta a formare personale specializzato tra i ragazzi della bassa modenese. Questa sua inesauribile energia nel voler pungolare la creatività di chi gli sta intorno gli varrà la definizione di “agitatore di uomini”.

Questo momento di euforia viene drammaticamente offuscato dalla manifestazione dei primi sintomi di distrofia muscolare del piccolo Dino al quale è affezionatissimo in quanto altrettanto appassionato di auto da corsa quanto lui.

L’undici maggio del 1947 avviene il debutto in corsa della Ferrari 125. I primi due esemplari vengono affidati a Nino Farina e a Franco Cortese per correre il Circuito di Piacenza. Dopo le prove, Farina si rifiuta di gareggiare accusando l’inaffidabilità della vettura. Cortese, invece, conduce un’ottima gara ritirandosi però a due giri dalla fine, quando si trova al comando, per la rottura della pompa della benzina. Ferrari parla di un “insuccesso promettente” e ha ragione perché due settimane dopo, il 25 maggio, Cortese vince alle Terme di Caracalla il GP di Roma dando inizio al mito della Ferrari.

Nel mese di ottobre il pilota francese Raymond Sommer porta alla vittoria la 12 cilindri nel GP di Torino sul tracciato del Parco del Valentino. Questa vittoria ha un significato molto particolare per Ferrari che torna a sedersi sulla stessa panchina dove 30 anni prima si mise a piangere dopo essere stato respinto dalla FIAT. Questa volta il rude Ferrari piange lacrime di gioia.

Alla partenza della Mille Miglia del 1948, inaspettatamente, si presenta l’ormai 56enne Tazio Nuvolari. Le sue condizioni di salute, ma soprattutto quelle psicologiche, non sono delle migliori dopo la perdita prematura dei due figli. Si mormora che egli voglia tornare alle corse per non morire in un letto d’ospedale. Ferrari gli offre di gareggiare sulla quinta delle sue vetture iscritte, una spider 166S Corsa, affiancato dal meccanico Sergio Scapinelli. Incredibilmente Nivola sfoggia la classe di giorni migliori e, nonostante la perdita di un parafango e del cofano motore, raggiunge Firenze con mezz’ora di vantaggio sul compagno di squadra Biondetti il quale, pur gareggiando su una berlinetta che lo protegge dalla pioggia, non riesce a recuperare terreno sotto un vero e proprio nubifragio. A soli 170 chilometri da Brescia, durante un rifornimento, Ferrari, dopo aver analizzato la vettura, impone all’amico Tazio di ritirarsi a causa di una balestra che sta per cedere. Nuvolari, esausto, viene trasportato a braccia in una vicina canonica per riposare. Ferrari cerca di rincuorarlo dicendogli che ”sarà per la prossima volta”, ma il mantovano, consapevole della triste realtà, gli risponde: “Ferrari, giornate come questa, alla nostra età, non ne tornano molte: ricordatelo, e cerca di gustarle fino in fondo, se ci riesci”. Nel frattempo il traguardo di Brescia vede transitare per prima la Ferrari 166 MM di Clemente Biondetti che apre la serie di sei vittorie consecutive per la Casa del Cavallino.

Il 5 settembre la Scuderia Ferrari partecipa ufficialmente al suo primo GP di F1 (il Campionato Mondiale verrà istituito solo due anni dopo) schierando al GP d’Italia, che si disputa a Torino, una 125 F1 per Sommer che giunge terzo alle spalle di Jean-Pierre Wimille (che pilota quell’Alfa 158 costruita proprio dallo stesso Ferrari) e di Gigi Villoresi su Maserati. La prima vittoria in F1 giunge il 24 ottobre sul Circuito del Garda con Nino Farina che batte un’altra Ferrari, la 166S privata di Bruno Sterzi. Da questo momento comincia la grande rivalità tra Enzo Ferrari e l’Alfa Romeo che fornirà un grossissimo stimolo a tutta la Scuderia. La Casa del Biscione, proprio in questo periodo, riduce al minimo la sua partecipazione alle competizioni sia in segno di rispetto per la morte di Achille Varzi, deceduto nelle prove del GP di Svizzera, sia perché si sta preparando per il primo Campionato di F1 che inizierà nel 1950. Il 1948 si chiude, per la Ferrari, con 12 vittorie tra cui anche la Targa Florio.

Il 1949 è ancora più prolifico con 30 vittorie e 18 secondi posti su 49 gare disputate. Biondetti trionfa alla Targa Florio e alla Mille Miglia mentre Luigi Chinetti vince la 24 Ore di Spa e compie un’impresa sovrumana portando alla vittoria la sua 166 MM Touring guidandola per 23 ore consecutive; il suo britannico coequipier, nonché finanziatore, Lord Selsdon rimarrà nell’albo d’oro del circuito della Sarthe pur avendo guidato per solo un’ora. La Ferrari miete vittorie anche oltreoceano trionfando alla Carrera Panamericana dove, sul traguardo di Città del Messico, si assiepa una folla di oltre un milione di spettatori. Questi successi accrescono sempre più la popolarità del marchio Ferrari nel mondo.

Il mondiale di F1 comincia a Silverstone il 13 maggio 1950 ma la Ferrari non partecipa temendo di sfigurare. L’Alfa Romeo domina la gara monopolizzando l’intero podio. Il debutto per la casa di Maranello avviene la settimana successiva a Montecarlo dove Alberto Ascari conclude al posto d’onore alle spalle dell’Alfa 158 di Fangio. Da questo momento la Ferrari sarà l’unica squadra che parteciperà a tutte le edizioni del Campionato del Mondo. Il campionato non ha storia, tre piloti Alfa figurano ai primi tre posti della classifica finale e questo provoca forte irritazione a Ferrari che esorta l’ingegner Lampredi di metterlo in condizione di battere la squadra del Quadrifoglio.

Anche il mondiale del 1951 comincia nel segno dell’Alfa Romeo ma la Ferrari schiera la nuova 375 F1 che comincia a dare buoni risultati e addirittura batte la vettura campione del mondo nell’International Trophy disputatosi a Silverstone il 5 maggio. Curiosamente però non si tratta di una Ferrari rossa, bensì della 375 Thinwall Special color “verde Inghilterra” affidata dall’industriale dei cuscinetti Tony Vandervell al pilota britannico Reginald Parnell.

La prima vera vittoria per la Ferrari nel mondiale di F1 è solo rimandata al 14 luglio quando, sullo stesso circuito, l’argentino Froilàn “Cabezon” Gonzales, al volante della 375 F1, batte Fangio grazie ad una migliore strategia di gara. Il successo della Ferrari viene completato da Gigi Villoresi, terzo classificato. Quando viene informato telefonicamente di aver battuto l’Alfa (il Drake non si sarebbe più spostato da Modena se non in rarissime occasioni), Enzo Ferrari commenta amaramente: “Oggi ho ucciso mia madre”. Anche il titolo iridato del 1951 finisce però a Milano e manda su tutte le furie Ferrari che vede svanire la possibilità di imporre il suo nome davanti a quello dell’Alfa in quanto la casa del Biscione si ritirerà dalle competizioni a fine anno.

A Maranello si cominciano a produrre vetture gran turismo le cui carrozzerie sono firmate da nomi di spicco del settore: Touring, Ghia, Bertone e Vignale. In particolare Ferrari si incontra con un altro grande dell’automobilismo, Giovanni Battista Farina detto “Pinin”, col quale nasce un rapporto di collaborazione che renderà inconfondibile la linea aerodinamica di numerosissime vetture della casa del Cavallino fino ai giorni nostri. Il primo modello che segna l’inizio dell’unione di questi due talenti è la 212 Inter presentata al Salone di Parigi nel 1952. L’avvocato Gianni Agnelli dichiarerà: “Ferrari e Pininfarina, in simbiosi, hanno costruito le più belle e significative macchine del mondo”.

I successi continuano in tutte le categorie, dalla Mille Miglia alla Carrera Panamericana, fino ad arrivare alla vittoria anche negli USA grazie a Briggs Cunningham che porta al successo la 166 Inter nella Mecox Trophy Race a New York, il 9 giugno 1951.

Sul fronte F1, ritiratesi Alfa e BRM, vengono ammesse al campionato anche le vetture di F2 e la Ferrari schiera la 500 F2, disegnata da Lampredi, che resta a tutt’oggi una delle Rosse più vincenti nella storia della F1 e consegna a Ferrari i primi due titoli mondiali, nel 1952 e 1953, con Alberto Ascari. Quest’ultimo resta ancora oggi l’ultimo pilota italiano campione del mondo di F1.

Il 1952 è l’anno della definitiva consacrazione della Ferrari che vince 95 gare su 109 ed Enzo diventa un uomo famosissimo, alla pari di componenti delle famiglie reali, star del cinema e personaggi del jet-set. Come se non bastasse arriva anche il titolo di Cavaliere del Lavoro. Un motore Ferrari viene montato addirittura su un motoscafo da competizione, l’Arno XI, che ottiene, manco a dirlo, numerosi successi. L’unica delusione dell’anno è l’infelice partecipazione della Scuderia alla 500 Miglia di Indianapolis, con la 375 Indy affidata ad Ascari che deve ritirarsi dopo un quinto di gara. Questa competizione, mai più disputata dalla Ferrari, è l’unica tra le più importanti a non figurare nell’albo d’oro della casa di Maranello.

Anche il 1953 vede la Ferrari trionfare sia in F1 che nelle gare di durata ma, a fine stagione, Alberto Ascari decide di abbandonare la Scuderia per accasarsi alla Lancia insieme a Villoresi. Contemporaneamente, la Mercedes decide di entrare in grande stile nel mondiale di F1 dominando i Campionati del ’54 e del ’55 con Fangio. Per la Ferrari rimangono comunque gli allori di Le Mans, della Carrera Panamericana, del Tourist Trophy e di tante altre gare per vetture sport.

Nonostante il cambio di casacca, la stima reciproca tra Ascari e Ferrari non viene meno tant’è che, non avendo una vettura a disposizione per il GP d’Italia del 1954, il pilota milanese chiede ed ottiene di poter correre con una Ferrari 625; un gesto che Ferrari, pur consapevole del fatto che Ascari sarebbe comunque ritornato in Lancia, non ripeterà mai più con nessun altro pilota.

Il 26 maggio 1955 Ascari, quattro giorni dopo essere finito in mare durante il GP di Montecarlo senza riportare grossi danni, si presenta a Monza dove Eugenio Castellotti sta collaudando una Ferrari 750 Monza. Forse per la smania di riconquistare immediatamente la confidenza con la velocità, “Ciccio” chiede di poter fare lui stesso qualche giro di prova durante una pausa dei test. Purtroppo Ascari trova misteriosamente la morte alla Curva del Vialone in un incidente le cui cause resteranno ignote per l’assenza di testimoni. Quel punto della pista brianzola è tuttora intitolato alla memoria del pilota milanese. Gianni Lancia, sconvolto, ritira la squadra e generosamente, grazie anche all’intervento economico della FIAT, cede tutto il suo materiale alla Scuderia.

Anche per Ferrari la scomparsa di Ascari è un colpo durissimo al quale si aggiunge, di lì a poco, il terribile incidente di Le Mans nel quale muoiono 86 persone oltre al pilota Pierre Levegh. Questo episodio causa il ritiro della Mercedes dalle competizioni a fine anno.

Ferrari è ancor più addolorato per l’evolversi della malattia del figlio Dino per il quale i medici non danno più speranza. Enzo si adopera con tutte le sue forze per tentare di salvare la vita al figlio, invia addirittura l’amico Sergio Scaglietti “in missione” in Svizzera per acquistare farmaci introvabili in Italia.

Come se non bastasse, anche l’azienda non naviga in buone acque a causa della scarsità di risultati ma a questo punto arriva l’interessamento di Luigi Chinetti che convince Ferrari a rivolgere gli sforzi del reparto GT verso il fiorente mercato statunitense: “Le sue Gran Turismo hanno tutto, eleganza, potenza, per conquistare una particolare categoria di ricchi americani: banchieri, industriali, attori, mogli capricciose di milionari in dollari. Gente che ama gli status-symbol e, perciò, cerca una macchina diversa, che gli permetta di distinguersi”. Nonostante lo scarso interesse per le auto non destinate alle corse, Ferrari accetta la proposta designando Chinetti quale importatore esclusivo del Cavallino Rampante per gli USA, riuscendo così a coprire il budget per le competizioni.

Grazie all’ottimo materiale ereditato dalla Lancia, ulteriormente affinato, e all’ingaggio del tre volte campione del mondo Juan Manuel Fangio, nel 1956 la Ferrari ricomincia a vincere anche in F1. Il rapporto con il pilota argentino è di reciproca diffidenza (Fangio si fa rappresentare da un manager, un comportamento per nulla gradito dal Drake) e si concluderà a fine stagione fra grossi dissapori nonostante la conquista del titolo mondiale. Nessun altro pilota campione del mondo si siederà mai più in un abitacolo di una Rossa di F1 con Ferrari ancora in vita (fece un’unica eccezione per Mario Andretti nel finale del drammatico campionato del 1982). Ferrari decide così di “costruirsi” i propri campioni in casa. La base di partenza è la “Squadra Primavera” formata dai giovani Eugenio Castellotti, Luigi Musso, Alfonso De Portago, Wolfgang von Trips, Peter Collins e Mike Hawthorn. Tra questi cinque ricchissimi e giovanissimi piloti (solo Musso ha più di 30 anni), dovrà uscire l’erede di Fangio.

Il 30 giugno, a soli 24 anni, muore l’amatissimo figlio Dino, vinto dalla distrofia muscolare.

In seguito Ferrari gli dedicherà una fondazione, tutt’ora attiva e a lui intitolata (Fondazione “Legato Dino Ferrari”), per la lotta alla terribile malattia. Solamente in questo periodo la moglie Laura viene a conoscenza della relazione parallela con Lina e dell’esistenza dell’ormai undicenne Piero. Questo avvenimento inasprisce ulteriormente il delicato rapporto tra i due e tra suocera e nuora ma non distoglie l’attenzione di Enzo dal suo principale interesse: le auto da corsa.

Il 1957 sembra essere l’anno del definitivo rilancio della Scuderia che coglie la vittoria alla 1000 Km di Buenos Aires con Masten Gregory e Cesare Perdisa.

Gli appassionati italiani stravedono per Castellotti, il pilota lodigiano che l’anno precedente ha vinto la Mille Miglia umiliando Fangio (al volante della stessa vettura) ed aggiudicandosi anche il Premio Nuvolari riservato al pilota più veloce nel tratto Cremona-Brescia alla media di 169 kmh; il tutto sotto una pioggia torrenziale e con una Ferrari 290 MM scoperta. Castellotti non è solo un pilota, è un personaggio da copertina. Presta la sua immagine per la pubblicità della Lambretta ma, soprattutto, è il fidanzato della bellissima attrice-soubrette Delia Scala e la loro storia d’amore riempie le pagine della cronaca rosa dell’epoca. Ferrari storce il naso: “Gli orari del teatro non vanno bene con quelli dei piloti”.

Il 13 marzo Eugenio si reca a Firenze per una festa organizzata nella villa della sua compagna e riceve una telefonata che cambierà tutti i suoi piani. E’ Enzo Ferrari, che lo avverte di essere a conoscenza dei tempi, non resi ufficiali, ottenuti da Jean Behra con la Maserati 250F e gli ordina di recarsi immediatamente a Modena per testare la nuova Ferrari 801. Nervoso e stanco, saluta gli invitati e parte immediatamente. Appena giunto all’alba al circuito, senza aver chiuso occhio, sale in macchina e inizia i test. Al terzo giro esce di pista e si schianta contro un cartellone pubblicitario del Circolo della Biella (locale abitualmente frequentato da tifosi e da Enzo Ferrari in persona) morendo sul colpo. Aveva 27 anni.

Alfonso De Portago è un giovane viveur, di famiglia nobile, che corre per divertirsi tra una bella donna e l’altra. La più famosa è Linda Christian, ex moglie dell’attore americano Tyrone Power e madre di Romina. Lo spagnolo vorrebbe correre in F1 ma Ferrari esige che prima dimostri le sue capacità nelle corse stradali, in particolare nella Mille Miglia, nonostante abbia vinto il Tour de France del 1956 con una 250 GT. A 40 chilometri dal termine della Mille Miglia 1957, nei pressi di Guidizzolo di Mantova, la Ferrari 335 S di De Portago esce di strada ad oltre 200 kmh per lo scoppio di una gomma. La vettura colpisce un paracarro e rimbalza contro un palo della luce, viene tagliata in due parti e, ricadendo, i suoi rottami investono nove spettatori tra i quali ci sono cinque bambini. Muoiono tutti, il 28enne pilota spagnolo, il suo co-pilota Edmund Nelson e i nove spettatori.

In Italia si scatena una campagna anti-automobilistica che porta alla definitiva cancellazione della Mille Miglia (in quell’edizione morirono anche un altro pilota tedesco ed un poliziotto della Stradale) e alla denuncia di Ferrari alla Magistratura. Il Drake sarà poi scagionato quattro anni dopo dall’accusa di aver utilizzato pneumatici non adeguati. La causa dell’incidente fu attribuita agli affilati “occhi di gatto” presenti sulle strade dell’epoca. Enzo Ferrari vive una grossissima crisi di coscienza e giunge ad un passo dalla chiusura dell’attività ma, confortato dai consigli del sacerdote che ne celebrò il matrimonio, decide di continuare a fare ciò che sa fare meglio: costruire automobili da corsa.

Fine seconda parte.

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