20 anni dopo è sempre più Senna

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
28 Aprile 2014 - 17:45
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E’ con una lieve dose di timore che mi appresto, tra due giorni, a recarmi ad Imola.

Il timore di essere sovrastato da tutto e tutti, dai ricordi e dalle emozioni, da persone che hanno avuto la fortuna anagrafica di vivere Ayrton con molta più lucidità di me e saranno ancora più coinvolte di me in un evento unico, indelebile.

Benchè sia stato Ayrton il primo ad attirare la mia attenzione verso la F1 quando ero davvero poco più di un bimbo (complice anche un videogioco a lui intitolato), sono stato solo sfiorato dall’onda brasiliana prima che questa si infrangesse su un muro che, da vent’anni, è colorato di verde e oro, avvolto da bandiere e foto, dediche, lacrime.

Quel muro si sarebbe accorto presto di essere troppo basso e fragile per contenere quell’onda irrefrenabile che, di giorno in giorno, l’ha sovrastato diventando lo tsunami al quale assisteremo giovedì 1° Maggio.

Mi sono sempre chiesto se la morte aiuti o meno gli uomini a diventare miti, lasciandoci di loro solo ciò che di buono hanno fatto e portando con sè errori o aspetti negativi.

Mi sono sempre posto tante domande: quale sarebbe il ricordo di Gilles, di Ayrton, di Ratzenberger, se ora fossero dei semplici ultracinquantenni con le rughe e un passato nelle corse?

Gilles sarebbe ancora nel cuore dei tifosi come lo è ora, se quell’8 Maggio del 1982 non ci fosse stato, e se si fosse separato dalla Ferrari cercando fortuna altrove? Forse sì, forse no. Probabilmente no, per me. Chi lo sa.

Roland Ratzenberger sarebbe ricordato ancora oggi se non fosse per la funesta coincidenza di essere morto un giorno prima di Ayrton? O farebbe semplicemente parte di un elenco di eletti con il privilegio di aver superato i 300 all’ora, se fosse sopravvissuto alla bara volante sulla quale correva sabato 30 Aprile 1994? La seconda opzione, credo.

Ma Ayrton? Chi sarebbe, cosa farebbe ora? Se ne sono lette di ipotesi negli anni.. I tre titoli mondiali (o forse più) conquistati l’avrebbero lasciato comunque per sempre sulla bocca di tutti, com’è di fatto già ora. E mi piace immaginare che, dopo qualche altro anno di lunghe battaglie in pista, si sarebbe ritirato per dedicarsi con la stessa determinazione al suo paese, del quale un giorno sarebbe diventato Presidente con una facilità imbarazzante. Più o meno quella con la quale ha spazzato via chiunque a Donington nel 1993.

Quello che mi lascia senza parole è il ricordo senza fine, emozionante, commovente, di chi Ayrton l’ha vissuto. Rimango attonito nel leggere gli innumerevoli messaggi nella discussione a lui dedicata sul nostro forum da parte dei nostri utenti. Una sequenza di ricordi, aneddoti, emozioni raccontate che non fanno altro che alimentare, giorno per giorno, l’immaginario collettivo di un uomo ancora tra a noi con la sua presenza. Sempre più presente: come se, oltre a non essersene mai andato, fosse sempre più vivo.

Il racconto delle sue gesta e gli aneddoti legati alla sua vita sono anche i ricordi di tempi e giornate che non potranno mai essere riprodotte, perchè distanti e totalmente diverse da quelle che viviamo ora. Al tempo stesso, il potere dei ricordi e la forza della passione fanno sì che quelle giornate, così lontane, siano grazie a chi le racconta talmente vive da farle sembrare quasi vicine, dietro l’angolo, vissute.

Anche da chi, come me, era troppo piccolo per esserci volontariamente, se non alla fine di una storia senza fine. Divenuta poi leggenda.

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